Stendere i panni in campagna è
un’operazione rilassante. Un filo, sospeso tra un olivo plurisecolare e un
olivastro suo coevo, consente alla biancheria di asciugarsi naturalmente senza
adulterazioni prodotte dai gas di scarico delle vetture o dai veleni prodotti
dagli impianti di climatizzazione. Il
sole, che fa capolino all’orizzonte, annuncia che la giornata sarà torrida.
Eppure la natura sembra non mitizzare più di tanto l’afa opprimente. Mentre
procedo con l’impegnativa operazione di stenditura, un dolore acuto al piede e la
contestuale vibrazione del cellulare mi richiamano alla realtà. Nel chinarmi ad
osservare il motivo del dolore controllo sul cellulare il contenuto di un
messaggio inviato tramite formic-app “Smettila” leggo mentre allontano un
formica che ha morso la punta del mio prezioso alluce. “Cosa ho fatto di male” replico,
afferrando, con intenzioni bellicose, l’esserino sul palmo della mano. L’immediata
visualizzazione della risposta testimonia la perfetta comprensione della mia
lingua da parte dell’interlocutrice “Con la tua biancheria hai reso più
difficoltoso il percorso che giornalmente effettuiamo per trasferirci da una
parte all’altra della campagna”. Mi accorgo, solo allora, che il filo
costituisce un ponte attraversato nei due sensi dalle infaticabili lavoratrici
per accorciare il tragitto terrestre. Osservo, nel frattempo, che, oltre ad
essere instancabili, riescono ad incrociarsi simultaneamente ad altezze per
loro siderali, senza ingorghi e inutili perdite di tempo. “Ma io sono il proprietario
del terreno “eccepisco. La risposta non tarda “E quali diritti accampi?” Mi
sorprendo della domanda e sicuro di me rispondo “Lo è stato mio padre e prima
di lui i miei antenati”. “Anche i nostri” la sintetica replica. “Ma io possiedo
una casa” rispondo di getto. “Noi abitiamo migliaia di formicai disseminati
dappertutto” vibra il telefonino. Infuriato aggiungo “Posso distruggervi”. “Lo
hai già fatto – risponde sul display- quando hai realizzato il massicciato della veranda su due delle
nostre abitazioni e, comunque, la prevaricazione e il potere non giustificano
la violenza e la sopraffazione altrimenti giustificheresti i soprusi, le
deportazioni, le persecuzioni e le guerre”. “Conoscete dunque la storia?”
obietto. “Sei ridicolo; tutti i drammi prodotti dall’azione dell’uomo si
ripercuotono anche sulla nostra esistenza con conseguenze nefaste. Ti dirò di
più; ti sei accorto di allagare una nostra sede quando lavi la tua auto e
di avvelenare il nostro habitat quando curi le olive”? “Ma allora cosa posso
fare per non incorrere nella vostra collera”? replico conciliante. “Vivi la tua
vita in pace ed armonia con il creato; pensandoci bene - le lettere si
materializzano velocemente tramite formicapp- i panni umidi rinfrescano le
nostre traversate. Molte mie amiche che percorrono il ponte mi appaiono
tonificate dopo aver traversato le lenzuola umide. Ho notate che quelle
sovrappeso tra noi ne approfittano per allungare il percorso con passeggiate e
jogging sulla superficie delle lenzuola e degli asciugamani. Non capisco quale
utilità abbiano questi panni, ma sulle azioni degli uomini, ormai, mi sono
rassegnata all’incomprensione. Siete troppo complicati per i miei gusti. Ed ora
lasciami e depositami a terra perché devo organizzare il mio gruppo di lavoro.
Dovresti sapere che noi se vogliamo sopravvivere dobbiamo lavorare, mentre tra
di voi è vero che mangiano solo i politici”?
Ma come ti permetti di offendere i nostri augusti rappresentanti,
mangiamo tutti”. Poi persuaso forse di aver commesso una gaffe riprendo “Alcuni
mangiano molto, altri poco, altri quasi niente e in certi paesi muoiono di fame”.
Il cellulare indica una replica perentoria
”Ti sembra giusto? Da noi non succede. In conclusione, secondo te, qual è la società
meglio organizzata? Attendo il tuo giudizio domani mattina alla stessa ora, ma
rifletti bene; dalla tua risposta dipenderà il tuo comportamento e quello delle
persone alle quali sottoporrai il nostro dialogo. Grazie e buona giornata”.
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