mercoledì 21 dicembre 2016

Affrontare la vita a testa alta



Ci sono esperienze che ci fanno riflettere e ci insegnano tanto. Solo allora comprendiamo il significato profondo della scala dei valori della vita. Solo allora capiamo quanta forza sia necessaria per affrontare le quotidiane difficoltà dovute all’insorgere di una patologia. Durante un viaggio in aereo sulla rotta Cagliari-Treviso ho udito articolare un verdetto drammatico: tetraparesi spastica. Patologia di cui è affetto Angelo, bambino di due anni, che la mamma accompagnava a Verona per sottoporlo ad un ciclo di sedute fisioterapiche. La nascita di un bambino come Angelo rivoluziona completamente la tua esistenza. Leggere un libro, fare una passeggiata, recarti al cinema o in ristorante, sorprenderti per un tramonto, svolgere attività lavorativa, riposare dopopranzo: puoi fare tutto, ma puoi essere costretto a rinunciare a tutto. La tua esistenza sacrificata per un'esistenza che si prepara ad affrontare sacrifici. Tu e i tuoi cari eternamente in secondo piano: le tue esigenze dopo le sue. Scopri che, però, queste rinunce non ti pesano. L’amore incondizionato che nutri per il tuo caro dall’animo speciale ti fa dimenticare le fatiche, i sacrifici e le privazioni. Maturi fermezza e risolutezza che pensavi di non possedere. Le ricerchi e, quasi d’incanto, le ritrovi nei angoli più reconditi del tuo cuore; all’improvviso sei pronto ad affrontare la vita a testa alta con audacia e direi quasi con temerarietà. La forza e il coraggio della mamma di Angelo mi hanno sorpreso. Ha vinto le resistenze delle hostess che la invitavano a far accomodare il piccolo nella poltroncina 24 B che gli era stata assegnata al momento della prenotazione. “Lo prevede il regolamento” sottolineavano con freddo distacco. La madre ammoniva con fermezza il personale che il bambino non avrebbe potuto farlo a causa della paralisi muscolare che lo condizionava. Sottolineava con fervore che non si trattava di un capriccio infantile. “Magari potesse farlo” sospirava. Dopo una lunga trattativa ed un estenuante consulto con il comandante, il personale ha accolto le sue legittime richieste e Angelo è volato verso la sua destinazione in braccio a colei che gli infondeva fiducia e sicurezza. Ho maturato questa riflessione mentre parlavo con Tetta, madre di Paolo. Paolo è uno straordinario “guerriero” affetto da una patologia rarissima e spietata oltreché perfida. Eppure i suoi familiari l’hanno combattuta con un coraggio e con un’abnegazione straordinari. Senza tregua, senza stanchezza, senza cedere mai alla rassegnazione. Proprio come la mamma di Angelo. Eppure l’ingiustizia e l’insensibilità sono sempre in agguato. La chiusura del centro delle malattie rare di Sassari si è abbattuta su di loro come una mannaia. Risparmi, economie, tagli di spesa sono le espressioni coniate da politici e rivolte dai funzionari regionali ai familiari per giustificare questa truce operazione. Peccato che vengano eternamente praticati sulle spalle dei più deboli. I poteri forti continuano a conservare i loro ingiustificabili privilegi. La burocrazia non ha nome e non ha cuore. Un moloch che non muore mai. Ha, però, responsabilità gravi per i disagi e per le difficoltà che crea alla mamma di Angelo ed ai familiari di Paolo che chiedono solo di non essere abbandonati. Nei giorni scorsi si è tenuto la consueta maratona dell’associazione Telethon per raccogliere i fondi per la ricerca sulle malattie rare. Proprio grazie a questi fondi Paolo, inserito in un protocollo sperimentale, registra una situazione nettamente migliore rispetto all’inizio dei trattamenti. Paolo e i suoi genitori sono stati a Sassari in coincidenza con il collegamento televisivo Telethon presso i locali dell’istituto Azuni. Sono stati invitati quali testimoni “privilegiati” di questa incomprensibile e terribile ingiustizia patologica. In questa circostanza è stata donata a Paolo la sciarpa con il logo dell’associazione. Da quel giorno Paolo esibisce con fierezza questo bellissimo simbolo della lotta all’infelicità. Non se ne separa mai quasi a voler ricordare che la guerra continua senza soste e si concluderà con la sua vittoria. E’ una gioia incontrarlo e scoprire quanto un piccolo oggetto abbia potuto renderlo felice. Ecco la burocrazia non ha capito una cosa fondamentale: potrà costringere Angelo a recarsi a Verona, Paolo a viaggiare a Cagliari, ma dovrà rassegnarsi all’idea che i loro familiari non si arrenderanno mai e continueranno a lottare per garantire dei trattamenti più equi e più appropriati ai propri figli. Continueranno a combattere contro ingiustizie e soprusi fino a quando lo sguardo dei loro amati e quel loro meraviglioso sorriso continueranno ad illuminare la loro esistenza.

lunedì 19 dicembre 2016

Presepi in vetrina: un messaggio stupendo



Un albero di Natale realizzato con pneumatici, un altro con tavolette di pallet, un altro con reti metalliche ed un altro con cerchi di biciclette, un altro ancora costruito con bottiglie di vetro: sapientemente colorati, intelligentemente addobbati, accortamente decorati sorprendono e testimoniano la maestria degli autori. Materiali poveri che, quasi per magia, diventano opere d'arte. Un tripudio di luci e di luminarie negli spiazzi, nei balconi, nei davanzali e nelle diverse vie del paese. Ambientazioni che spaziano dalle lande ghiacciate del polo nord alle savane africane, dalle periferie delle nostre città ai paesaggi campestri in un turbinio di felici intuizioni e di brillanti progettazioni. Capanne erette in cemento o utilizzando le tradizionali plance di sughero; non mancano i ricoveri in arbusti o in travi di legno. Tutti i ritrovati dell’intelligenza umana, adottati nei secoli per proteggere l’umanità dalle intemperie, sono stati sagacemente riprodotti nei diversi angoli del paese. Pavimentazioni in pietre, in sabbia, con arbusti o con fieno. Statue costruite in tessuti, personaggi e animali composti in lana ed in legno, talvolta realizzati utilizzando vetro, ferro, cartapesta o poliuretano espanso: non credevo che ci si potesse sbizzarrire tanto nella ricerca e nel coronamento dei propri ideali di bellezza, di vita e di civiltà. Alcune atmosfere evocanti la natività rendono maggiormente al crepuscolo grazie al sapiente gioco delle luci, delle luminarie o del fioco bagliore dei ceri. Altre vengono meglio apprezzate durante il giorno: solo allora, se ci si sofferma ad osservare con attenzione, si può ammirare la geniale valentia di quanti hanno speso tempo, estro e creatività per stupire e sorprendere. Notte de chelu, presepi in mostra a Berchidda, sapientemente organizzato dalla locale pro loco, è giunto alla terza edizione e si impone, nella programmazione locale, come evento stabile e riuscito. Tutto il paese si sente coinvolto e si adopera al suo successo; i risultati di quest’anno confermano le più rosee aspettative degli organizzatori. La manifestazione cresce; alcuni accorgimenti risultano intelligenti e premianti. Il numero di visitatori imponente, il lodevole impegno dei volontari, la sorprendente creatività e la straordinaria fantasia degli allestitori costituiscono gli elementi fondanti di un evento che inorgoglisce un’intera comunità. “Un messaggio stupendo” lo ha definito il vescovo mons. Corrado Melis durante la sua visita nella giornata inaugurale; ma è soprattutto un segnale che la comunità berchiddese indirizza ai visitatori e agli ospiti per rappresentare la propria religiosità intrisa di accoglienza, di ospitalità, di cultura enologica e di sapienza gastronomica. Il miracolo, però, non potrebbe concretarsi se non fosse sorretto da un alto spirito di collaborazione e da un radicato sentimento di amicizia e di cooperazione. I visitatori, che ritenevano che con l’edizione dello scorso anno si fossero raggiunti picchi di perfezione ineguagliabili, hanno avuto validi motivi per ricredersi. Intanto hanno sorpreso i numeri cresciuti a tutti i livelli. Hanno assicurato la propria presenza oltre trecento coristi,  due bande musicali (la locale Bernardo Demuro  e la “Michele Columbano” di Calangianus), tre cori polifonici provenienti da Pattada, Monti e il locale Santu Sabustianu; a questi occorre aggiungere  tre cori polifonici (“Pietro Casu” di Berchidda, “Boci d’Agliola” di Telti e di Silanus), quattro cori tradizionali (“Santu Sabustianu di Berchidda, Santa Rughe di Pattada, San Gavino di Monti ed il coro di Florinas) ed infine  il “Movin’on Up Gospel Choir” di Olbia. Una folla imponente di visitatori ha seguito le melodie dei protagonisti delle voci e della musica che, partendo da una Piazza del Popolo impreziosita da un maestoso albero di natale, hanno fatto tappa in tutti i presepi dove si sono esibiti nei canti natalizi e nelle melodie della tradizione. Una lunga passeggiata ricca di sorprese attraverso i quartieri del paese; i più sedentari potevano approfittare di un trenino che faceva spola avanti e indietro per soddisfare le molteplici esigenze. Al termine, i tanti presenti hanno potuto deliziare i propri palati degustando i piatti tipici della tradizione culinaria berchiddese e di quella sarda. Gioia, soddisfazione, esultanza sono i sentimenti che gli organizzatori della pro loco hanno espresso al termine della giornata inaugurale rivolgendo, nel contempo, apprezzamenti e ringraziamenti a tutta la collettività che, ancora una volta, ha offerto un mirabile esempio della civiltà dell’accoglienza che da sempre la contraddistingue. “E’ veramente complicato per noi, - hanno dichiarato i responsabili della Pro loco- trovare le parole adatte per esprimere al meglio la gratitudine che abbiamo nei vostri confronti, così quanto lo è individuare tutti quelli che hanno fatto GRANDE la terza edizione di Notte de Chelu. Sabato 10 dicembre, sotto il nostro coordinamento, ognuno ha, infatti, svolto egregiamente il proprio compito, ma quello che rende davvero unico questo evento, è un ruolo non assegnato, spontaneo, è l'essere Berchiddese, quello che fa sì che il visitatore ed il turista diventi "ospite", facendolo sentire a casa propria!! Grazie a tutti per la collaborazione! Grazie Berchiddesi!!!”

mercoledì 2 novembre 2016

Sa falada de sos carruleddos Una discesa di altri tempi



Una linea orizzontale bianca indicante la partenza ed una successiva identica al termine del percorso di gara. Le ripide pendenze di via Milano leggermente segnate dall’incessante passaggio di cuscinetti di ferro. Un assordante sferragliare che si intensifica nei giorni precedenti la gara. Le prove libere costituiscono il momento cruciale per i tanti agonisti che si apprestano a sfrecciare davanti al folto pubblico della seconda edizione della manifestazione. La messa a punto dei mezzi certosina. I meccanici hanno lavorato giorno e notte per realizzare il miglior assetto del mezzo. Non si può sbagliare: in una discesa così ripida le conseguenze sarebbero nefaste. Ancora una volta il locale comitato dei quarantenni ha saputo amalgamare i giusti ingredienti per modulare un evento che armonizza nostalgia e passione, passatempo e divertimento, competizione e sport; ma suscita, soprattutto, gioia di partecipare.  Ha istituito un momento altamente socializzante che riunisce piccoli e grandi attorno ad una rinnovata passione sportiva che accomuna passato e presente. Chi tra i miei coetanei non ha posseduto unu carruleddu alzi la mano. Credo pochi, anzi pochissimi. I primi manti di asfalto avevano ricoperto le strade principali del paese. La comparsa del primo trabiccolo privo di motore aveva diffuso tra gli adolescenti e i preadolescenti un immediato spirito di emulazione. Occorreva procurarsi le tavole e tagliarle su misura per realizzare la scocca; poi la ricerca si indirizzava ai cuscinetti. Gli elementi motori, all’inizio facilmente reperibili presso i meccanici locali, si erano progressivamente diradati. Zio Peppino Virdis riuscì quasi per magia ad estrarre dal cilindro del suo ordinato disordine quei quattro Gronchi rosa che mi consentirono di approntare un piccolo gioiello della locomozione. L’ansia del debutto fu presto soffocata dalla gioia del primo veicolo di mia proprietà. La conduzione non era semplice. I piedi poggiati sulla barra direzionale dovevano esercitare la giusta pressione su quell’originale manubrio. Prime discese e prime emozioni. Una volta acquisita la necessaria confidenza con la velocità, le esercitazioni si trasferivano nei percorsi più difficili e spericolati. Purtroppo la mia carriera di pilota si concluse repentinamente. Un percorso particolarmente ripido e le bizze dei cuscinetti anteriori troppo sollecitati determinarono un vergognoso impatto contro un muretto. Lo scoraggiamento, più che dal bernoccolo sulla fronte, fu causato dall’incapacità di gestire il frangente; nella frazione di secondo precedente il rovinoso impatto, ricordo di aver trepidato al pensiero della fragilità dell’esistenza umana congiunto ad un’istintiva invocazione di aiuto. La delusione nel vedere un gioiello della tecnologia accartocciato mi spinse ad abbandonare le velleità di abbracciare una carriera che sembrava nata sotto buoni auspici. Oggi mi sorprendono le moderne elaborazioni tecnologiche. Alcuni utilizzano vere e proprie ruote di veicoli che conferiscono al mezzo una velocità supersonica. Altri si accovacciano su sedili anatomici che riproducono quelli delle monoposto di Formula 1. Qualcuno governa il proprio carruleddu con un sistema orientativo che riproduce le sembianze di un volante di auto. L’utilizzo del casco, obbligatorio durante la gara, conferisce ai partecipanti l’aureola di sportivi azzardati ed avventurosi. Tutti, ormai, hanno dotato il proprio mezzo di un sistema di ancoraggio per trascinarlo in salita una volta effettuata la discesa. Si dovrebbe iniziare a pensare ad un sistema di risalita come negli impianti sciistici. Ci si penserà alle prossime edizioni. La modernità affascina e la tecnologia costruttiva prende piede. E’ certo che, visto il successo, ci saranno le successive. Rimane identico lo spirito pioneristico proprio dei precursori che affrontavano le discese con una straordinaria spericolatezza che ci faceva sentire piccoli Ascari o novelli Fangio.  Rimane immutato il fascino di un mezzo di locomozione che, nella sua semplicità, riesce a far vibrare gli animi di piccoli e grandi in un’alternanza di emozioni, di gioia, di nostalgia e, consentitemelo, di un pizzico di sana follia.