E poi si rammaricano
della modesta considerazione della quale sono circondati. Si meravigliano che
gli italiani non apprezzino, soprattutto in una fase così delicata come quella
attuale, gli straordinari e incredibili privilegi dei quali godono. L’elenco
sarebbe lungo. Eppure ogni tanto salta
all’attenzione dell’opinione pubblica qualche novità che lascia basiti. Il
bilancio della camera 2016 al capitolo 1130 prevede una spesa per la copertura
assicurativa dei nostri deputati pari a 350.000 euro l’anno. L’assicurazione
copre i rischi derivanti dalla puntura di insetti, da colpi di sole, da
terremoti, da inondazioni ed alluvioni, da infortuni in stato di ebbrezza e
infine da infortuni per colpa grave degli stessi nostri esimi rappresentanti. L’indignazione
per un provvedimento che conferma lo stato di casta ai nostri politici è
temperato da una serie di lacune che pregherei i diretti interessati di
recepire in quanto presentano un’incidenza di gran lunga superiore agli
infortuni previsti per la loro indiscussa attualità. Invito, pertanto, chi di
dovere a includere i seguenti rischi che gli italiani saranno ben lieti di
pagare con la crescente tassazione alla quale sono sottoposti. L’assicurazione
dovrebbe coprire i rischi derivanti agli indici delle mani costretti ad un
lavoro straordinario in occasione di ripetute votazioni; in questo modo si
consente ad un collega assente di votare e si assicura la legalità dell’atto.
Un’ulteriore copertura dovrebbe essere estesa alla vista alla quale vengono
arrecati danni per il prolungato utilizzo di tablet e iphone per chattare,
stazionare su Facebook, instagram, twitter o più semplicemente dedicarsi alla
visione di un documentario o di un film. Questi strumenti di lavoro
costituiscono il corredo che viene consegnato a ciascuno all’atto della
proclamazione. Infine non sottovaluterei l’opportunità di estendere la polizza
alle cadute dalla sedia dovute ai colpi di sonno, diffusamente documentati
sulla rete, che attanagliano i deputati durante le sedute nelle quali si
dibattono importanti e significativi argomenti riguardanti la plebaglia
italica.
sabato 27 agosto 2016
lunedì 22 agosto 2016
La riscoperta del passato
Gli insegnamenti dei classici
sono illuminanti. La lettura dei testi aiuta a comprendere tante cose: prima di
tutto noi stessi. Ho ripreso in questi giorni la lettura delle Bucoliche di
Virgilio. La passione, la conoscenza e la sua consapevolezza dei temi pastorali e
bucolici non hanno pari. La sua grandezza, d’altro canto, è attestata dal più
grande uomo di cultura che la nostra letteratura annoveri. Il sommo poeta Dante
Alighieri, nel riconsiderare le variegate sfaccettature dell’animo umano, volle
essere accompagnato nelle prime due cantiche della Divina Commedia proprio da
Virgilio considerato, non a torto, l’uomo più sapiente dell’antichità. La
maestria, la raffinatezza stilistica e contenutistica del testo latino delineano
magistralmente la vita dei campi intesa come valore culturale e aggiungerei vitale.
Da qualche tempo a questa parte
molti riscoprono la bellezza e la salubrità della vita trascorsa a contatto con
la natura. Eppure da piccolo soffrivo tutte le volte che si profilava la
possibilità di un trasferimento della famiglia in campagna. All’indomani della
pubblicazione degli esiti scolastici, la famiglia traslocava armi e bagagli
nella casetta in campagna. Questo cambiamento di vita era in qualche modo obbligato.
Mio padre, in questo modo, evitava un viaggio quotidiano per accudire alle
incombenze rurali. Eppure vivere lontano dagli amici costituiva una sofferenza
per me, per mio fratello e per mia sorella. Si rientrava in paese raramente;
questo fatto costituiva motivo di malumore per preadolescenti che definivano
faticosamente la propria personalità. Eravamo autosufficienti sotto il profilo
alimentare: pane cotto nel forno a legna, fagioli, pomodori, verdure ed
ortaggi, patate, angurie e meloni, uova, latte e carni varie non necessitavano
di particolari certificazioni che ne attestassero la genuinità. Saggezza,
maestria ed accortezza costituivano premesse imprescindibili per il loro
consumo. Eppure solo oggi riconosco la bellezza di quei tempi. La sveglia era
affidata al cinguettio degli uccelli o al canto del gallo. Il tintinnio delle
campanelle legate al collo delle pecore, impegnate fin dalle prime luci
dell’alba nella ricerca degli ultimi scampoli di erba, reiterava la
sollecitazione al risveglio. Il latrato dei cani e il miagolio dei gatti
precedevano il frinio delle cicale che rimbalzava da un albero all’altro con
ossessiva ripetitività. Le nostre mansioni erano limitate a impegni saltuari e
circoscritti. Dovevamo attingere l’acqua dalla sorgente distante dalla casa 150
metri, riempire i recipienti capienti 10-15 litri e versare il prezioso
contenuto in un apposito contenitore che costituiva la riserva idrica per tutte
le incombenze domestiche. Aiutavamo i nostri genitori a zappettare le erbacce
che crescevano nell’orto oppure eravamo impegnati a raccogliere i prodotti
dell’orto. L’illuminazione dell’abitazione, in mancanza di energia elettrica,
era assicurata dalle candele di cera. Sconosciuti telefonini, televisori,
internet: vita improponibile ed impossibile oggi a giovani e giovanissimi. Quel
tipo di vita ti temprava all’essenzialità e alla sobrietà. Niente andava
sprecato. Ricordo la gioia provata nel raccogliere le uova nel pollaio, nel
gustare il pane appena sfornato o nell’assaporare un piatto di patate e di fagioli
appena raccolti. La delizia derivata dalla degustazione delle seadas, la cui
misura coincideva con le dimensioni dei piatti, ha rappresentato uno stato di
appagamento gustativo mai più provato. Oggi riscopro la bellezza della vita in
campagna. Ho virgilianamente idealizzato quel “mondo perduto” che, come il
grande cantore della grandezza di Roma, riconosco ideale ed idilliaco.
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