Il
bagno in mare di oggi mi ha lasciato una sensazione strana. Un retrogusto
spiacevole. Amaro. L’acqua sembrava più scura. Quasi intrisa di tristezza. Di
angoscia. Le mie mani illividite dalla paura. Il cuore inondato dall’orrore per
i mostri che siamo diventati. Quasi inavvertitamente, ma progressivamente. In
un crescendo di apatia e di cinismo. Carnefici dei nostri simili. Giustizieri
dei più sfortunati. Oppressori dei disgraziati della terra. Apostoli manichei combattuti tra respingimenti e accoglimenti.
Fermi nei nostri principi. Incrollabili nei nostri convincimenti. Eppure ci
deve essere una terza via tra i due corni del dilemma. Ce la chiede lo sguardo
di Josephine miracolosamente sopravvissuta alla malvagità dei suoi aguzzini.
Che parla direttamente ai nostri cuori. Senza profferire parole eppure tanto
efficace e profondo. Ce lo chiedono i suoi occhi che hanno visto l’inferno
della morte e vogliono riassaporare la dolcezza della vita. Quelle gemme chiare
sulle quali si sono specchiate tante anime ciniche, avide, indifferenti,
sprezzanti. Specchio di stati che dopo aver colonizzato, derubato, depredato,
saccheggiato e devastato un continente, non riescono a portare in salvo qualche
centinaio di vite umane. Che hanno lasciato colpevolmente annegare negli ultimi
quindici anni 34.500 disgraziati. 34.500 corpi che si sono lentamente
inabissati senza conforti, senza preghiere, senza onoranze. Identità anonime prive
dei più elementari gesti o delle più semplici testimonianze di umanità. Che
pesano come macigni nelle coscienze dell’umanità. Vorrei riassaporare la
dolcezza dell’acqua che genera la vita e non la toglie. Trarre da quello
sguardo vitreo, fisso nel vuoto delle nostre coscienze lo stimolo ad essere
migliore. Consapevole che l’amore ha un grande impatto e può, talvolta,
concretizzarsi anche attraverso un rafforzato sentimento di fraternità e un
rinnovato sguardo di carità.