domenica 12 luglio 2015

L'orsacchiotto e la bambina

Non è tra le notizie che colpiscono l’opinione pubblica in una calda e assonnata stagione estiva, ricca come al solito di vacuità gossipare che fanno la fortuna di periodici dai titoli strillati e strillanti. Eppure ferisce profondamente l’animo e la coscienza di tutti noi che dimentichiamo, troppo spesso, la fortuna che abbiamo avuto nel nascere nell’emisfero settentrionale del pianeta. Il titolo dell’articolo, lanciato dalle agenzie e ripreso da tutti i quotidiani, è scarno e impietoso “Bimba sbarca con orsacchiotto, la mamma è tra le vittime del naufragio”. La foto se vogliamo è ancora più drammaticamente cruda: una bambina di 4-5 anni in braccio a suo padre scruta, aggrappata ad un orsacchiotto di peluche, il mare che ha appena inghiottito la sua mamma”. Niente pianti, nessuna isteria di fronte ad una suprema ingiustizia che solo la crudeltà degli uomini è capace di servirti con tanta ingiustificabile durezza. Il gruppo di migranti proveniva da svariati paesi della fascia equatoriale: Guinea, Ghana, Senegal, Sierra Leone, Nigeria, Eritrea per citarne alcuni. La povertà, le guerre, la fame, lo sfruttamento spingono tanti sfortunati ad abbandonare i propri affetti ed i propri miseri beni. Dopo una serie incredibili di vicissitudini che li portano ad attraversare quasi metà del continente africano finalmente i poveri derelitti raggiungono le coste libiche. Negli ultimi sei mesi sono deceduti, mentre cercavano di raggiungere i lidi italiani in 1900. Il Mediterraneo in questa stagione ha dei colori stupendi che spaziano dal celeste, al turchino, al verde, all’azzurro, al grigio chiaro. Una meraviglia per gli occhi di una piccola che sogna un futuro radioso promessole più volte dalle figure che più contano nella sua vita: babbo e mamma. Ma c’è anche un terzo amico che non si poteva lasciare al villaggio. Un orsacchiotto di peluche ricevuto in dono da papà Moustafà al compimento dei tre anni. Papà ha compiuto tanti sacrifici per questo regalo. E’ rientrato, per qualche mese, più tardi del solito dal lavoro ed ha economizzato anche sul cibo quotidiano. Cristina, il nome ipotetico di questa bimba, queste cose non le sa; sa solo che la gioia nel ricevere questo regalo è stata immensa. L’attribuzione del nome del nuovo amico è stata istantanea: Leo. Alle amiche, che le chiedevano perché questo nome, rispondeva Leo e basta. Forse perché Leo costituisce il diminutivo di leone l’animale, re di tutte le specie animali, che le viene additato come spauracchio per non allontanarsi troppo dal villaggio. La piccola ha accolto con qualche perplessità la proposta fattale dai genitori di andare incontro ad un mondo migliore. Riesce difficile per una bimba di 4 anni poter immaginare una vita più gratificante di quella vissuta. Alla sua età non si desiderano grandi cose e d’altro canto possiede tutto ciò di cui ha bisogno: l’amore dei genitori e dei propri cari, una fitta rete di affetti e di confidenze con le amiche del cuore, un mare e un sole tra i più belli del mondo, un tetto sulla testa e un amico fedelissimo che ascolta e capisce anche i pensieri più reconditi. Tutte queste perplessità ha cercato di esternarle ai propri genitori, ma Cristina è soprattutto una bambina abituata ad obbedire. Dopo lunghe settimane di viaggio e di privazioni, Cristina, con i suoi, ammira estasiata le bianchissime spiagge della Libia. Bisogna attendere il proprio turno tra giovani che urlano comandi e profferiscono insulti in lingue sconosciute. Finalmente giunge il momento della partenza: occorre salire su un gommone che potrebbe contenere al massimo 30-40 persone. Li costringono a salire e a stringersi fino a raggiungere il numero di 180. Gli scafisti sono sgarbati e, mentre sale sulla barca con babbo e mamma, cercano di strapparle l’orsacchiotto, ma Cristina è irremovibile: se lo stringe al petto e fa capire che non sale senza il proprio amico Leo. “Ma si, tienilo pure” le dicono. Finalmente la partenza e il viaggio su un mare che progressivamente si increspa. Mamma, seduta all’esterno del barcone, cerca terrorizzata di stringere a sé la propria figlia. Poi le onde appaiono sempre più ostili in un mare che diventa via via più minaccioso. All’improvviso l’imbarcazione si solleva e nell’abbassarsi violentemente fa precipitare nei gorghi diversi occupanti. In un attimo i disperati scompaiono alla vista di tutti. Anche mamma è tra questi. Cristina intuisce che qualcosa di spaventoso è accaduto, ma, con la gioia e la speranza che accompagnano la sua tenera esistenza, si rifugia dietro un gioco: mamma ha voluto fare un bagno e raggiungere prima la meta tanto sospirata. All’arrivo a Palermo, però, mamma non c’è e non ci sarà più per Cristina, per Moustafà e per Leo che, con il suo sguardo fisso, ha compreso la gravità della disgrazia. Il cibo, l’acqua, le scarpette e i vestitini nuovi che le hanno donato non bastano ad attenuare un dolore profondo che affonda le sue radici nelle pieghe più nascoste di un animo che ha perso all’improvviso la sua ingenuità. Attorno la stagione estiva siciliana è nel suo pieno e felice svolgimento. Cristina, aggrappata a Leo, in braccio a papà, vede tante bambine divertirsi con giocattoli sconosciuti; qualcuna strilla perché l’amichetta le ha sottratto una formina di plastica. Non sanno, non potrebbero capire che, accanto a loro, una loro coetanea proveniente da molto lontano, riesce a non piangere nonostante la vita le abbia sottratto il giocattolo più bello del mondo.


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