Il turismo è una voce importante della nostra
economia. Gestirlo con intelligenza è il minimo che si possa pretendere in
tempi di crisi economica. Eppure nella nostra penisola si fa di tutto per screditare
la grande bellezza che,
fortunatamente, abbiamo ereditato fin dall’antichità. Nello stesso giornata di
avantieri si sono registrati tre scioperi che hanno interessato tre comparti
nevralgici di questo settore. Uno sciopero bianco dei dipendenti dei mezzi
pubblici a Roma ha frenato, nella fase cruciale della stagione estiva, gli
spostamenti dei cittadini. L’interruzione dal lavoro dei dipendenti della
maggiore compagnia di bandiera ha bloccato il 15% dei voli, con evidenti inconvenienti,
per turisti e cittadini in procinto di godersi le meritate vacanze. Per finire,
un’assemblea sindacale, organizzata dai dipendenti del sito archeologico di
Pompei, ha provocato le rimostranze di tantissimi visitatori lasciati al caldo
per ore ad aspettare la riapertura. Poi consultiamo i dati degli ingressi ai
musei e ci meravigliamo se i trenta siti museali italiani più conosciuti raccolgono
appena 20 milioni di visitatori, mentre il solo Louvre stacca circa 9 milioni di
biglietti: poco meno della metà! Non discuto la validità delle singole vertenze
dei lavoratori, ma creare gravissimi contrattempi ai principali estimatori
delle nostre bellezze significa deluderli e talvolta allontanarli per sempre. Possibile
non si potessero risolvere le controversie con altri mezzi; non si poteva
rimandare la discussione delle vertenze in periodi meno critici? Possediamo più
del 60% (qualcuno stima che raggiungiamo l’80%) del patrimonio artistico
dell’intero pianeta e ci ritroviamo al quinto posto nella scala dei paesi più graditi
direi fantasticati dai turisti dopo
Francia, Stati Uniti, Spagna e Cina. I capolavori artistici, storici, culturali,
paesaggistici e alimentari ci vengono invidiati da tutti, ma spesso i siti sono
chiusi e i nostri gioielli giacciono in scantinati in attesa di restauro. I
mezzi di comunicazioni dei nostri concorrenti stigmatizzano i mali endemici del
nostro petrolio artistico e paesaggistico: servizi carenti, prezzi
spropositati, disfunzioni comunicative e organizzative il tutto condito,
talvolta, da supponenza, sporcizia e maleducazione. Fatti come quelli registrati
qualche giorno fa non fanno altro che avvalorare queste critiche. Difendiamo la
nostra ricchezza o il lento smottamento, che progressivamente avviluppa il
nostro Belpaese, sarà inarrestabile e ci porterà al declino economico, sociale e
culturale.
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