Il primo esame che ho sostenuto all’università è stato
filologia romanza. Questa disciplina, nata ai primi del 1800, ha per oggetto lo
studio delle lingue e delle letterature romanze e neolatine. Il testo base era
scritto da Carlo Tagliavini, eminente glottologo e linguista italiano, che ha
insegnato in alcune importanti università italiane e straniere. Nel 1963
fu insignito della medaglia d’oro per i meriti acquisiti nella scuola, nella
cultura e nell’arte. Nei suoi scritti annoverava tra le lingue derivate dal
latino l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese, il rumeno, il
ladino e il sardo. La nostra lingua, pertanto, oltre mezzo secolo
fa, riceveva le stimmate della sua identità dal maggiore dei linguisti del
tempo. Il sardo è, inoltre, la più diffusa tra le lingue minoritarie presenti
in Italia. Nonostante queste premesse, Governo e Senato italiani hanno vietato
ai canali RAI di trasmettere programmi in lingua sarda. E’ stato, infatti,
respinto un emendamento, presentato dal senatore di Sel Luciano Uras, tendente
a riconoscere il sardo come lingua minoritaria e, pertanto, da inserire in
eventuali programmazioni radiofoniche e televisive. La discriminazione è
inaccettabile per diversi motivi. Questo provvedimento confligge, decisamente,
con l’articolo sei della nostra costituzione che tutela le minoranze
linguistiche. La lingua sarda, inoltre, è un patrimonio della Sardegna ed è un
diritto inalienabile di coloro che utilizzano questo ulteriore strumento
linguistico. La penalizzazione riguarda i sardi, ma esclude Friulani, trentini
e valdostani. Ritengo che l’opportunità non vada negata agli abitanti delle tre
regioni a statuto speciale; a maggior ragione questo diritto andava
riconosciuto ai sardi che possiedono un patrimonio linguistico di tutto
rispetto sia in prosa che in poesia. Testimonianza dell’importanza della Lingua
Sarda in campo giuridico e amministrativo è sicuramente la Carta de Logu,
raccolta di leggi e ordinamenti del periodo giudicale che suscita ancora
ammirazione per l’incisività e la completezza delle argomentazioni. La prima
opera letteraria in lingua sarda risale al 1437; è un’opera a carattere
religioso scritta da Antonio Cano ed ha per titolo “Sa vitta e sa morte et
passione de sanctu Gavinu, Prothu e Januariu. Grazia Deledda, premio Nobel per
la letteratura, rispettava, amava ed apprezzava la lingua sarda. Non scrive in
sardo i suoi romanzi, intrisi di vocaboli tratti dalla lingua madre, perché non
vi era in quel momento storico (fine Ottocento-inizio Novecento) la cultura, la
sensibilità, l’abitudine da parte dei romanzieri di utilizzare il sardo. I
Savoia, lo Stato unitario e, in seguito, il fascismo proibiscono, quasi
criminalizzano, la lingua sarda. Possediamo un ampio patrimonio linguistico e
letterario. Di grande pregio è la versione della Divina Commedia in lingua
sarda curata da Pietro Casu; degno di nota lo straordinario campionario di
raccolte poetiche e di liriche stupende conservate e pubblicate dal premio
Ozieri in lingua che si celebra da oltre cinquant’anni. Non dimenticherei i
numerosissimi altri premi che in tutta l’isola proliferano e sono ricchi di
vitalità e di partecipanti tra i quali molti giovani, giovanissimi e molte
rappresentanti del sesso femminile. Registriamo la pubblicazione di numerosi
vocabolari di lingua sarda-italiana curata da insigni studiosi regionali quali
lo Spano e il Casu. Il bavarese Max Leopold Wagner, autore di un monumentale
Dizionario etimologico sardo (DES), è considerato il padre della linguistica e
della grammatica sarda ed ha scritto oltre duecento pubblicazioni sui rapporti
tra la nostra e le altre lingue. Costituisce, pertanto, un diritto e nello
stesso tempo un dovere morale riconoscere le peculiarità culturali insite nella
nostra lingua e apprezzarle come una ricchezza inestimabile e unica del
patrimonio non solo regionale ma anche nazionale. La regione sarda, tra
l’altro, ha approvato una legge che prevede l’insegnamento della lingua sarda
nelle scuole e riconosce il Sardo come lingua ufficiale e promuove il
suo utilizzo nell’amministrazione pubblica e nella scuola. La Sardegna,
pertanto, non è solo terra di servitù militari, non è e non deve essere
deposito di rifiuti speciali o luogo di passaggio di tralicci di alta tensione
a favore di altre regioni. La nostra regione è storicamente terra di diritti
calpestati ed i baroni romani devono imparare in fretta a non sottovalutare le
reazioni di un popolo “semplice e aspro come la natura di questi luoghi”
(M.L.Wagner); proprio un rappresentante della nostra terra, Francesco Ignazio
Mannu, scrisse, nel 1794, l’inno stupendo che conclude efficacemente questo
breve scritto “Procurade de moderare barones sa tirannia, chi si no, pro vida
mia, torrades a pes in terra (Baroni cercate di moderare la vostra tirannia,
altrimenti, a costo della mia vita, tornerete nella polvere).
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