domenica 2 agosto 2015

Rai di tutto...di meno il sardo

Il primo esame che ho sostenuto all’università è stato filologia romanza. Questa disciplina, nata ai primi del 1800, ha per oggetto lo studio delle lingue e delle letterature romanze e neolatine. Il testo base era scritto da Carlo Tagliavini, eminente glottologo e linguista italiano, che ha insegnato in alcune importanti università italiane e straniere.  Nel 1963 fu insignito della medaglia d’oro per i meriti acquisiti nella scuola, nella cultura e nell’arte. Nei suoi scritti annoverava tra le lingue derivate dal latino l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese, il rumeno, il ladino e il sardo. La nostra lingua, pertanto, oltre mezzo secolo fa, riceveva le stimmate della sua identità dal maggiore dei linguisti del tempo. Il sardo è, inoltre, la più diffusa tra le lingue minoritarie presenti in Italia. Nonostante queste premesse, Governo e Senato italiani hanno vietato ai canali RAI di trasmettere programmi in lingua sarda. E’ stato, infatti, respinto un emendamento, presentato dal senatore di Sel Luciano Uras, tendente a riconoscere il sardo come lingua minoritaria e, pertanto, da inserire in eventuali programmazioni radiofoniche e televisive. La discriminazione è inaccettabile per diversi motivi. Questo provvedimento confligge, decisamente, con l’articolo sei della nostra costituzione che tutela le minoranze linguistiche. La lingua sarda, inoltre, è un patrimonio della Sardegna ed è un diritto inalienabile di coloro che utilizzano questo ulteriore strumento linguistico. La penalizzazione riguarda i sardi, ma esclude Friulani, trentini e valdostani. Ritengo che l’opportunità non vada negata agli abitanti delle tre regioni a statuto speciale; a maggior ragione questo diritto andava riconosciuto ai sardi che possiedono un patrimonio linguistico di tutto rispetto sia in prosa che in poesia. Testimonianza dell’importanza della Lingua Sarda in campo giuridico e amministrativo è sicuramente la Carta de Logu, raccolta di leggi e ordinamenti del periodo giudicale che suscita ancora ammirazione per l’incisività e la completezza delle argomentazioni. La prima opera letteraria in lingua sarda risale al 1437; è un’opera a carattere religioso scritta da Antonio Cano ed ha per titolo “Sa vitta e sa morte et passione de sanctu Gavinu, Prothu e Januariu. Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura, rispettava, amava ed apprezzava la lingua sarda. Non scrive in sardo i suoi romanzi, intrisi di vocaboli tratti dalla lingua madre, perché non vi era in quel momento storico (fine Ottocento-inizio Novecento) la cultura, la sensibilità, l’abitudine da parte dei romanzieri di utilizzare il sardo. I Savoia, lo Stato unitario e, in seguito, il fascismo proibiscono, quasi criminalizzano, la lingua sarda. Possediamo un ampio patrimonio linguistico e letterario. Di grande pregio è la versione della Divina Commedia in lingua sarda curata da Pietro Casu; degno di nota lo straordinario campionario di raccolte poetiche e di liriche stupende conservate e pubblicate dal premio Ozieri in lingua che si celebra da oltre cinquant’anni. Non dimenticherei i numerosissimi altri premi che in tutta l’isola proliferano e sono ricchi di vitalità e di partecipanti tra i quali molti giovani, giovanissimi e molte rappresentanti del sesso femminile. Registriamo la pubblicazione di numerosi vocabolari di lingua sarda-italiana curata da insigni studiosi regionali quali lo Spano e il Casu.  Il bavarese Max Leopold Wagner, autore di un monumentale Dizionario etimologico sardo (DES), è considerato il padre della linguistica e della grammatica sarda ed ha scritto oltre duecento pubblicazioni sui rapporti tra la nostra e le altre lingue. Costituisce, pertanto, un diritto e nello stesso tempo un dovere morale riconoscere le peculiarità culturali insite nella nostra lingua e apprezzarle come una ricchezza inestimabile e unica del patrimonio non solo regionale ma anche nazionale. La regione sarda, tra l’altro, ha approvato una legge che prevede l’insegnamento della lingua sarda nelle scuole e riconosce il Sardo come lingua ufficiale e promuove il suo utilizzo nell’amministrazione pubblica e nella scuola. La Sardegna, pertanto, non è solo terra di servitù militari, non è e non deve essere deposito di rifiuti speciali o luogo di passaggio di tralicci di alta tensione a favore di altre regioni. La nostra regione è storicamente terra di diritti calpestati ed i baroni romani devono imparare in fretta a non sottovalutare le reazioni di un popolo “semplice e aspro come la natura di questi luoghi” (M.L.Wagner); proprio un rappresentante della nostra terra, Francesco Ignazio Mannu, scrisse, nel 1794, l’inno stupendo che conclude efficacemente questo breve scritto “Procurade de moderare barones sa tirannia, chi si no, pro vida mia, torrades a pes in terra (Baroni cercate di moderare la vostra tirannia, altrimenti, a costo della mia vita, tornerete nella polvere).

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