venerdì 7 agosto 2015

La vita è tutta un film



I titoli di coda che scorrono e un coacervo di sensazioni che ti avvolge. La storia che si dipana suscitando interesse e coinvolgendo lo spettatore costretto ad immedesimarsi nel tempo, nei luoghi nelle azioni dei protagonisti fino al triste finale. Nel giorno della recente scomparsa dell’attore Omar Sharif le diverse reti televisive hanno programmato alcuni dei suoi film più noti. La visione del dottor Zivago ha suscitato in tutti particolari emozioni. La commozione che avevo provato alla prima visione della pellicola, ha lasciato il campo a un pizzico di malinconia: colpa dell’età o di una mentalità più smaliziata? E’ passata tanta acqua sotto i ponti da quando i fratelli Lumiere proiettarono nel 1896 un cortometraggio che, raffigurando il procedere di un treno, sconvolse gli ingenui spettatori. Costituiva l’avvento di una scoperta che avrebbe rivoluzionato usi e costumi di intere generazioni in tutto il mondo: il cinema. Da piccolo l’appuntamento con il film domenicale costituiva una prassi abituale. Le sessanta lire della paghetta festiva venivano investite quasi integralmente per l’ingresso alla sala (50 lire) e, a scelta, l’acquisto di un gelato o di un pacchetto di caramelle. Stagionalmente le residue 10 lire costituivano il prezzo di un misurino di mirto che un signore vendeva di fronte all’ingresso del cinema. A quei tempi, nel mio paese erano presenti due locali cinematografici: uno parrocchiale e uno privato. La programmazione dei film del primo era rigidamente controllata: western, commedie sentimentali con il taglio dei casti baci tra i protagonisti, film comici. L’altra sala programmava anche i film definiti proibiti perché i pudici baci li proiettavano tra i sorrisi maliziosi dei presenti; a noi bambini e preadolescenti l’ingresso era tassativamente vietato da severe disposizioni dei nostri genitori alle quali si aggiungevano quelle di parenti, delle insegnanti del catechismo e talvolta di qualche conoscente.  Si attendeva l’arrivo degli amici e si entrava in sala in gruppetto sistemandoci lungo la stessa fila di sedute. Le pellicole, per lo più western, ci esaltavano e all’uscita ci muovevamo come se avessimo la fondina appesa ai pantaloni. La visione di tantissime storie ha concorso alla formazione di tanti giovani che si affacciavano alla vita. Lentamente, ma progressivamente, l’avvento e la concorrenza della televisione hanno concorso alla scomparsa delle sale. I film piaceva vederli nell’intimità delle propria casa sul piccolo schermo. Si perdeva molto in termine di partecipazione e di immedesimazione, ma non ci si allontanava dalle mura domestiche. L’ultimo film che ho visto al cinema è stato “La vita è bella”. L’attesa era grande; tutti me ne avevano decantato la straordinaria maestria di Benigni nel doppio ruolo di regista e attore. Delicato, coinvolgente ed emozionante: un capolavoro. Gli spettatori hanno assistito in religioso silenzio sorridendo e divertendosi nella prima parte e commuovendosi all’amaro finale. Tra le pellicole più belle che abbia visto. Rivedo volentieri la programmazione dei classici di un tempo per molti dei quali vale la massima di Kubrick: “Un buon film dovrebbe comprendersi anche senza audio”. Oggi la mia visione dei film è limitata al piccolo schermo. Purtroppo la programmazione è svilita dalle interruzioni pubblicitarie: troppe e troppo invadenti. Talvolta si sovrappongono brevi notiziari preceduti e seguiti da nuovi spot. Ci si alza dalla poltrona, ci si aggira per casa e, quando la narrazione riprende, si è perso parte del coinvolgimento emotivo. La proiezione di tantissimi film nel piccolo schermo ha fatto in modo che ci sia abituati anche alla visone di trame banali e di proiezioni insignificanti che un tempo non avrebbero superato il ciak iniziale. Raramente le storie sono coinvolgenti e i protagonisti ottimi interpreti. Quando ci si imbatte in una trama avvincente i sentimenti più nobili più reconditi dell’animo si infiammano. E’ una fortuna: come quella di leggere un buon libro che ci riconcilia con la vita.

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