La ventottesima edizione del Time in jazz
propone, come di consueto, un tema sul quale accentrare e attraverso il quale
dispiegare una miriade di contaminazioni che in qualche modo ne semplifichino
la comprensione: Ali. Assunto stimolante e, nel contempo, affascinante che ha
suscitato in me un desiderio irrefrenabile di riprenderlo per volare, appunto,
sulle ali della suggestione e sugli incanti della fantasia. La seduzione
emanata dal volo è sempre stata presente nell'umanità. Fin dalla sua prima
apparizione sulla terra, l’uomo ha cercato di emulare le specie alata. I
graffiti, con la rappresentazione del volo degli uccelli, testimoniano
l’ammirazione dei nostri antenati nei confronti degli animali che si libravano
leggeri nell'aria, cadenzando un leggero battito di minuscole
braccia. “Se non posso rivaleggiare con loro perché non posseggo le ali- avrà
pensato l’antico abitatore delle spelonche- almeno costruisco strumenti in
grado di intercettare le librazioni aeree”. I primi abitatori del pianeta si
industriarono nel costruire lance e archi con frecce in grado di abbattere chi
osava sconvolgere la legge di gravità. La mitologia greca ripropone una serie
di miti che si rifanno all’utopia di osservare, per mezzo delle ali, la terra
dal cielo. Nike, figlia del titano Pallante, che solca il cielo alla guida del
carro di Giove, viene rappresentata come una fanciulla con le ali ai piedi. Il
particolare, non insignificante, che una rappresentante dell’umanità riesca a
librarsi in volo, ne ha fatto la personificazione delle vittorie incontrastate
da cui derivò l’appellativo “vittoria alata”. Le ali ai piedi sono anche una
prerogativa del messaggero delle divinità Mercurio protettore dei
viandanti, portatore dei sogni e il conduttore delle anime dei morti negli inferi.
Un altro mito che richiama il tema di quest’anno è quello di Icaro, figlio di
Dedalo, imprigionati entrambi da Minosse re di Creta nel Labirinto. Per
scappare, Dedalo costruì delle ali con delle penne e le attaccò ai loro corpi
con la cera per librarsi, come dice Paolo Fresu nella presentazione, verso l’ignoto. Malgrado l’ammonimento del padre di non
volare troppo alto, Icaro si fece prendere dall'ebbrezza
e dall'entusiasmo della sua giovane età e si avvicinò troppo al
sole; il calore fuse la cera, facendolo cadere nel mare dove morì. Se nulla
nasce, nulla muore, ma tutto permane, anche il sogno del volo delle antiche
popolazioni rimase forte nei secoli fino all'apparire di una
delle menti più ingegnose di tutti i tempi: Leonardo da Vinci. Egli ha
dedicato accurati studi al volo e si è industriato nel disegnare bozzi,
bozzetti e progetti di ali. L'interesse per il volo si manifesta in lui fin
dagli anni giovanili. Il problema comincia ad assumere un rilievo particolare
dopo aver scrutato il battito delle ali degli uccelli. L'esame attento lo
convince che il volo non ha in sé nulla di misterioso, ma è un fenomeno
puramente meccanico, dovuto al colpo d'ala nell'aria. Il fatto che l'aria sia
comprimibile, ed eserciti quindi una resistenza in grado di sostenere un corpo,
costituisce una intuizione fondamentale. Leonardo comprende che esiste la
possibilità anche per l'uomo di volare utilizzando grandi ali per vincere la
resistenza dell’aria. Che poi siano stati i fratelli Wright, cinque secoli
dopo, a perfezionare un progetto allora avveniristico, nulla toglie alla
grandezza del grande figura del secolo della rinascita del nostro paese. Esiste
una stretta correlazione tra le ali e la musica. La musica, quella jazz in
particolare, mette le ali al nostro corpo e ci permette, simili a Nike, Icaro e Mercurio, di
librarci nel vuoto abbagliati dalla successione di note che seguiamo per uscire
dal labirinto della quotidianità. L’aria che ci circonda è linfa vitale e gli
spartiti rappresentano le ali che vibrano delicatamente su questo elemento, non
a caso tema di una passata edizione, per determinare tra i presenti sintonia,
simpatia, sinergia. Le note, quasi foglie trascinate dal vento della musica,
volano via leggere accompagnate dal favore degli spettatori. Mi è capitato di
provare quasi dei fremiti durante i concerti di tante edizioni alle
quali ho avuto la fortuna di assistere: erano sussulti derivanti dalla magia o
brividi dettati dall'armonia dei suoni oppure tremiti dettati dall'emozione?
Non so e preferisco ignorare la natura di intensi sentimenti, che non
svaniscono al termine delle performances degli artisti, ma
restano scolpite nei nostri cuori. “Buon volo” dice
Paolo nell'accomiatarsi dai lettori al termine della sua
presentazione, ma per librarsi alti nel cielo sono necessarie ali potenti che
ci permettano di trasvolare i continenti veicolando, con le note, messaggi di
pace, di amicizia e di fratellanza. Ed è questo il messaggio che Time in Jazz
da 28 anni proietta nell'universo. Buon ascolto e che l’aria sia leggera!
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