mercoledì 5 agosto 2015

Jazz...con le ali

La ventottesima edizione del Time in jazz propone, come di consueto, un tema sul quale accentrare e attraverso il quale dispiegare una miriade di contaminazioni che in qualche modo ne semplifichino la comprensione: Ali. Assunto stimolante e, nel contempo, affascinante che ha suscitato in me un desiderio irrefrenabile di riprenderlo per volare, appunto, sulle ali della suggestione e sugli incanti della fantasia. La seduzione emanata dal volo è sempre stata presente nell'umanità. Fin dalla sua prima apparizione sulla terra, l’uomo ha cercato di emulare le specie alata. I graffiti, con la rappresentazione del volo degli uccelli, testimoniano l’ammirazione dei nostri antenati nei confronti degli animali che si libravano leggeri nell'aria, cadenzando un leggero battito di minuscole braccia. “Se non posso rivaleggiare con loro perché non posseggo le ali- avrà pensato l’antico abitatore delle spelonche- almeno costruisco strumenti in grado di intercettare le librazioni aeree”. I primi abitatori del pianeta si industriarono nel costruire lance e archi con frecce in grado di abbattere chi osava sconvolgere la legge di gravità. La mitologia greca ripropone una serie di miti che si rifanno all’utopia di osservare, per mezzo delle ali, la terra dal cielo. Nike, figlia del titano Pallante, che solca il cielo alla guida del carro di Giove, viene rappresentata come una fanciulla con le ali ai piedi. Il particolare, non insignificante, che una rappresentante dell’umanità riesca a librarsi in volo, ne ha fatto la personificazione delle vittorie incontrastate da cui derivò l’appellativo “vittoria alata”. Le ali ai piedi sono anche una prerogativa del messaggero delle divinità Mercurio protettore dei viandanti, portatore dei sogni e il conduttore delle anime dei morti negli inferi. Un altro mito che richiama il tema di quest’anno è quello di Icaro, figlio di Dedalo, imprigionati entrambi da Minosse re di Creta nel Labirinto. Per scappare, Dedalo costruì delle ali con delle penne e le attaccò ai loro corpi con la cera per librarsi, come dice Paolo Fresu nella presentazione, verso l’ignoto. Malgrado l’ammonimento del padre di non volare troppo alto, Icaro si fece prendere dall'ebbrezza e dall'entusiasmo della sua giovane età e si avvicinò troppo al sole; il calore fuse la cera, facendolo cadere nel mare dove morì. Se nulla nasce, nulla muore, ma tutto permane, anche il sogno del volo delle antiche popolazioni rimase forte nei secoli fino all'apparire di una delle menti più ingegnose di tutti i tempi: Leonardo da Vinci. Egli ha dedicato accurati studi al volo e si è industriato nel disegnare bozzi, bozzetti e progetti di ali. L'interesse per il volo si manifesta in lui fin dagli anni giovanili. Il problema comincia ad assumere un rilievo particolare dopo aver scrutato il battito delle ali degli uccelli. L'esame attento lo convince che il volo non ha in sé nulla di misterioso, ma è un fenomeno puramente meccanico, dovuto al colpo d'ala nell'aria. Il fatto che l'aria sia comprimibile, ed eserciti quindi una resistenza in grado di sostenere un corpo, costituisce una intuizione fondamentale. Leonardo comprende che esiste la possibilità anche per l'uomo di volare utilizzando grandi ali per vincere la resistenza dell’aria. Che poi siano stati i fratelli Wright, cinque secoli dopo, a perfezionare un progetto allora avveniristico, nulla toglie alla grandezza del grande figura del secolo della rinascita del nostro paese. Esiste una stretta correlazione tra le ali e la musica. La musica, quella jazz in particolare, mette le ali al nostro corpo e ci permette, simili a Nike, Icaro e Mercurio, di librarci nel vuoto abbagliati dalla successione di note che seguiamo per uscire dal labirinto della quotidianità. L’aria che ci circonda è linfa vitale e gli spartiti rappresentano le ali che vibrano delicatamente su questo elemento, non a caso tema di una passata edizione, per determinare tra i presenti sintonia, simpatia, sinergia. Le note, quasi foglie trascinate dal vento della musica, volano via leggere accompagnate dal favore degli spettatori. Mi è capitato di provare quasi dei fremiti durante i concerti di tante edizioni alle quali ho avuto la fortuna di assistere: erano sussulti derivanti dalla magia o brividi dettati dall'armonia dei suoni oppure tremiti dettati dall'emozione? Non so e preferisco ignorare la natura di intensi sentimenti, che non svaniscono al termine delle performances degli artisti, ma restano scolpite nei nostri cuori. “Buon volo” dice Paolo nell'accomiatarsi dai lettori al termine della sua presentazione, ma per librarsi alti nel cielo sono necessarie ali potenti che ci permettano di trasvolare i continenti veicolando, con le note, messaggi di pace, di amicizia e di fratellanza. Ed è questo il messaggio che Time in Jazz da 28 anni proietta nell'universo. Buon ascolto e che l’aria sia leggera!

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