lunedì 17 agosto 2015

La piazza nel cuore



Piazza Unità d’Italia di Trieste prevale su Piazza del Campo di Siena nel concorso bandito dal Corriere della sera per premiare le piazze più belle d’Italia. I lettori hanno cercato, con il proprio voto di indicare il cuore cittadino più suggestivo di tutta la penisola. I sentimenti provati e descritti sono stati i più vari e dimostrano che il principale centro di aggregazione di una collettività occupa un posto importante nell’animo di ciascuno. In età medioevale quasi tutte le piazze concentravano al proprio interno i principali centri della vita religiosa (la chiesa) della vita politica (palazzo comunale) e della vita economica (il mercato). Questa tripartizione si è conservata immutata in tanti spazi delle diverse realtà urbane. Istintivamente il mio pensiero è corso a Piazza del popolo, lo slargo centrale del mio paese. Al suo interno occupano posti di rilievo la chiesa, la casa comunale e un angolo, ancora oggi, dedicato al mercato settimanale. La mia abitazione distava poco più di quaranta metri dall’ingresso del centro della nostra comunità. Fin dal primo impatto, mi è sembrata bellissima e amplissima. Diversi decenni a questa parte la superficie era sterrata. Questo consentiva a noi bambini e ragazzi di inventare o di riproporre tutta una serie di passatempi che su questo suolo trovavano la loro sublimazione. Brucio, uno due tre…stella, tre passi da formica, tene tene (acchiappa acchiappa), garicci (biglie colorate di vetro), morroccula (giochi con le trottole), cua cua (nascondino), partite con il pallone: tutto costituiva materia di divertimento, di passione e di agonismo. Ricordo partite di calcio nelle quale 20 calciatori da una parte fronteggiavano 20 avversari: la sfera di gomma non la calciavi mai, ma, partecipare ad un rito collettivo di quella portata, era assai gratificante.  Altri svaghi presupponevano doti atletiche non comuni: mi riferisco al tre tre e all’ allunamonta (non sono certo della dizione esatta del termine). Il primo consisteva nel disporsi allineati e chinati in tre o più ragazzi. Ogni giocatore abbracciava con le mani i fianchi del compagno piegato anche lui, fino a formare una fila di persone curve. Ciascun componente dell’altra squadra prendeva la rincorsa e saltava sugli avversari cercando di avanzare sulla loro schiena quanto più possibile, per far spazio agli altri compagni. Si perdeva quando non si riusciva a rimanere aggrappati al dorso dei propri rivali. Il secondo gioco consisteva nel restare fermi con le mani poggiate alle ginocchia e la testa in giù, mentre i compagni ci scavalcavano a gambe divaricate non prima di aver pronunciato ad ogni passaggio una formula particolare. Non si conosceva la rete virtuale, ma il divertimento era assicurato. La piazza si animava, in particolar modo, la domenica e durante i giorni della festa patronale. Si viveva un’atmosfera diversa rispetto ad oggi. Questo spazio ha visto il formarsi di amicizie e l’affiorare di simpatie, affetti e amori. Si passeggiava su e giù allineati tra amici, intersecandosi con gruppetti di giovani e meno giovani; si scrutava, si salutava, si sorrideva, si arrossiva se investiti da sguardi intensi e profondi, nascevano le prime simpatie, le prime infatuazioni, le prime passioni giovanili che determinavano sofferenze indicibili perché sistematicamente non ricambiate. Le passeggiate riprendevano il loro corso nei tardi pomeriggi e s’infittivano nelle stagioni più propizie. Nei dopocena estivi la nostra compagnia occupava preferibilmente la parte terminale del muraglione alla fine della piazza. Discussioni, polemiche, barzellette, pettegolezzi, risate e confidenze agli amici più cari. Tutto seguiva una logica di crescita e di maturazione di giovani e giovanissimi vivificati dall’incedere di soddisfazioni e di delusioni, di gioie e di amarezze. Questo spazio costituiva il luogo d’incontro anche durante il brutto tempo in quanto ci si rifugiava all’interno delle auto a commentare i fatti e le vicissitudini della nostra comunità. Tanti decenni e diverse generazioni hanno contribuito a mutare radicalmente un angolo caratteristico della nostra comunità. Oggi ritrovo poco della piazza della mia gioventù: cambiata nell’aspetto, frequentata saltuariamente da pensionati, abbandonata dai giovani e dai giovanissimi che si rifugiano nelle piazze virtuali come facebook, twitter, whatsapp e le chat. Soprattutto non ci sono più amici e amiche di un tempo assorbiti dalle incombenze della quotidianità. E’ difficile riassaporare quel clima festoso e a tratti malinconico proprio della verde età, la tenerezza dei sentimenti e l’ingenuità degli atteggiamenti. Rammaricarsi o contrapporsi saprebbe di arretratezza e di chiusura: nessuno, però, può proibirmi di rimpiangere, con la piazza di un tempo, un frammento significativo della mia vita.

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