Per apprezzare lo spettacolo delle stelle basta un
cielo terso, un'oscurità quasi perfetta ed un orizzonte libero. Lo sguardo
spazia incontrastato nella contemplazione di una miriade infinita di punti luce
che offrono un’idea parziale, ma attendibile dell’immensità dell’universo. Con
il trascorrere dei secoli, grazie al continuo perfezionamento degli strumenti
di osservazione, siamo riusciti a scoprire nuove espressioni di luminosità. Gli
studiosi hanno attribuito un appellativo a ciascuna di queste meraviglie sulla
base della luminosità, dell’appartenenza ad una costellazione piuttosto che ad
un’altra; in taluni casi hanno conferito il nome di una personalità o dello stesso
scopritore. Questa particolarità non si differenzia troppo dall’abitudine che ho
maturato da qualche anno a questa parte di denominare con i nomi delle persone
gli alberi che circondano la mia abitazione di campagna. Il nome proprio ha
finito per prevalere sulla specificità dell’albero per un motivo molto
semplice: la persona ha avuto un ruolo significativo nel processo di nascita o
dello sviluppo della pianta. Così mi capita di osservare lo sguardo sorpreso di
qualche nuovo ospite quando definisco un albero Francesca, Zia Pietruccia, zia
Peppina, signor Anna; oppure quando mi rivolgo ad uno spettacolo della natura
chiamandolo Maria, Fausto, Gigi, Mario, Gianni, Angelo, Orazio, Mimmia. Mi
sembrerebbe ingeneroso e riduttivo chiamarli olivo, tuia, biancospino, ciliegio,
fico, carrubo, cachi, albicocco, susino, nespolo, pioppo argentato. Francesca,
ad esempio, è l’albero di perastro che Pasquale su un ramo e Martina sull’altro
hanno felicemente innestato qualche mese prima che venisse alla luce. Oggi riproduce
un miracolo evolutivo con le sue fronde vigorose e qualche minuscola pera che
si affaccia timidamente tra i rami. La mia cara nipotina è rappresentata anche
da un agrifoglio che Proloco e azienda forestale hanno donato a tutti i neonati
della nostra comunità. La tuia zia Pietruccia è diventato un albero monumentale
che svetta tra gli altri e che era destinato all’abbandono. Mio padre la prese
amorevolmente in carico e la mise a dimora; oggi personifica una mia carissima
zia che lo aveva allevato in vaso. Qualcuno mi ha suggerito di abbatterlo
perché non fa parte della vegetazione propria del luogo. Si può rimuovere la
delicata memoria di una seconda mamma che ha avuto un ruolo fondamentale nella
tua vita? La struttura della pianta acquista imponenza e maestosità perché
accomunata ad un sentimento di affetto per una persona cara. Il principio di
denominare con maggiore appropriatezza queste testimonianze della natura,
alcune dei quali lasciati in eredità dai nostri cari, credo fortifichi quella
foscoliana corrispondenza di amorosi sensi che determina in chi rimane
sentimenti di affetto per chi non c’è più. Quale migliore celebrazione delle
persone scomparse o degli amici cari che hanno contribuito significativamente
alla formazione della nostra personalità?
Nessun commento:
Posta un commento