In
una società pervasa di utilitarismo e permeata di profitto la filosofia compare
tra le discipline minori quasi succube (ancilla) degli altri ambiti di
conoscenza. Viene comunemente accusata di inutilità in quanto non spendibile
sul mercato. Emmanuel Mounier, filosofo francese, argomentava pessimisticamente
“il filosofo è un uomo impopolare e spiacevole. In un certo senso un fallito…”.
Primum
vivere deinde philosophari (prima vivere, poi filosofare) avrebbe
sentenziato il filosofo britannico Thomas Hobbes intendendo che occorre pensare
prima ai dilemmi della quotidianità ed, in seguito, indagare sui
problemi per trovare le corrette soluzioni. Eppure la filosofia, o amore per il
sapere come recita la sua etimologia, è una disciplina propedeutica alla conoscenza
e alle competenze dell’individuo perché riflette sull’umanità e indaga sull’esistenza
e sui limiti delle proprie consapevolezze. E questo fin dalle civiltà più
lontane nel tempo quale bisogno ineludibile dell’essere umano. Sono convinto
che la filosofia, pur non possedendo alcuna applicazione utilitaristica, abbia
avuto, più di tutte le altre materie, un contributo fondamentale nella
formazione della personalità di tante generazioni. Ritengo questa disciplina
intimamente connessa alla vita di tutti i giorni perché non possiamo vivere
senza interrogarci sul significato delle nostre azioni. A ben vedere siamo
tutti filosofi nel momento in cui ci mettiamo in discussione e, confrontandoci
con il prossimo, partiamo dal presupposto che dispute e divergenze possono
essere superate con la comprensione e il buonsenso. Siamo filosofi quando
capiamo che in ciascun individuo è contenuta una straordinaria peculiarità che
gli conferisce dignità e universalità. Siamo filosofi quando comprendiamo che i
conflitti, le incomprensioni, i malintesi si scatenano nell’animo di ciascuno
di noi prima di disvelarsi nella loro violenta brutalità nei confronti del
prossimo. Non siamo filosofi quando siamo vittime dei pregiudizi dettati dal senso
comune, dalle opinioni più superficiali e dalle convinzioni e dalle convenzioni
maturate senza il nostro apporto critico. Siamo filosofi del terzo millennio quando
manifestiamo atteggiamenti di disponibilità, di dialogo, di accoglienza e di rispetto
del prossimo prescindendo dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalla
militanza politica e dall’estrazione sociale. Un animo filosofico, pertanto, costituisce
il primo anello della catena imperniata sulla convivenza civile. Ci soccorre a questo proposito
l’acuta affermazione del filosofo gallese Bertrand Russell “la vera libertà
dell’uomo e la sua liberazione dalla schiavitù delle meschine paure si realizza
nell’essere filosofo e di conseguenza cittadino dell’universo”.
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