mercoledì 1 giugno 2016

La compagna del cavaliere



Nella vita di ciascuno gli incontri si susseguono ininterrotti. Avviciniamo tante persone e meccanicamente siamo portati ad esprimere giudizi sulla base dei loro comportamenti, degli atteggiamenti e dei sentimenti che esprimono. Alcune conoscenze ci lasciano, ad un primo impatto, indifferenti. Non abbiamo saputo cogliere l’essenzialità, la peculiarità, e, in altri termini, la grandezza del nostro interlocutore. Basta, però, un’esperienza, una condotta, un atteggiamento e si accende una scintilla che ci illumina e ci fa comprendere l’ingenerosità del nostro giudizio. Una notizia, rilanciata dai giornali, mi ha fatto riflettere su un episodio che ben si attaglia a questa considerazione. E’ stato presentato al Bellaria Film Festival il documentario sulla vita di Gioconda Beatrice Salvatori più nota come Joyce Lussu. Il film dal titolo “La mia casa e i miei coinquilini costituisce un omaggio che la regista ha voluto dedicare alla scrittrice, poetessa, traduttrice, partigiana, femminista antifascista scomparsa a 86 anni nel 1998. Conobbi Joyce in occasione della sua, credo, prima visita a Berchidda. Antonietta Langiu scrittrice berchiddese aveva dato alle stampe il libro Sa contra ed aveva pensato di presentarlo in paese. Joyce Lussu avrebbe dovuto recensirlo all’auditorium comunale. Nessuno meglio di lei poteva farlo. Joyce aveva già colto la grandiosità del mondo ancora inedito di Antonietta e aveva avuto un ruolo fondamentale nella pubblicazione nel 1992 dell’opera prima “Sa contra”. Secondo l’intellettuale di origini inglesi era doveroso riappropriarsi del significato della propria identità e nello stesso tempo “recuperare i contatti con le proprie radici e la propria cultura”.  Il percorso letterario di Antonietta trovava in questo assunto la sua migliore esemplificazione. Questa opportunità ci avrebbe offerto la possibilità di estendere la conoscenza di un destino che è” universale” in quanto comune a tutti i popoli. Ero stato invitato da Antonietta a sviluppare un contributo sui contenuti del libro. All’atto delle presentazioni credetti di avvertire in Joyce una certo distacco nei miei confronti; notai, nel contempo, una straordinaria amicizia e una particolare confidenza tra Antonietta e Joyce. Svolsi la mia relazione e altrettanto fece Joyce. Al termine Antonietta sviluppò i motivi per i quali aveva scritto il libro e illustrò i motivi che l’avevano spinta a scrivere. Rimasi leggermente deluso dal taglio della relazione della nostra prestigiosa ospite. Parlò del libro, invitò i presenti a leggerlo, ma si dilungò soprattutto su tematiche a lei care: la vita e la morte, la pace e la guerra, le tematiche femministe e l’importanza delle tradizioni proprie delle diverse culture. Il giorno successivo ebbi modo di riconsiderare la frettolosità del mio giudizio. Joyce e Antonietta vollero salutare i ragazzi delle scuole. Dopo la scuola elementare vollero incontrare i ragazzi della scuola media. Programmammo un incontro con i ragazzi della mia classe terza. Durante tutta la durata dell’incontro non ricordo che, nonostante l’età, si sia mai accomodata sulla sedia. Si muoveva tra i banchi sollecitando domande e offrendo risposte. Parlò di fascismo e di antifascismo, di impegno politico, di resistenza, di problematiche attuali senza mai stancare i suoi interlocutori. I ragazzi la osservavano ammaliati, ammirati e sorpresi per la vitalità, per l’’entusiasmo e per il carisma di una ottantenne energica, vitale, diretta ed entusiasta della vita. Ricordo che al termine, nel salutarmi mi abbracciò calorosamente. Era innamorata della gioventù ed aveva apprezzato la vivacità degli interventi dei giovanissimi. Solo allora capii la grandezza di una personalità che nonostante la prepotenza della figura di suo marito Emilio Lussu, il mitico cavaliere dei rossomori, aveva con coraggio, con intelligenza, con passione costruito un percorso esistenziale altrettanto leggendario e straordinario.

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