Nella vita di ciascuno gli
incontri si susseguono ininterrotti. Avviciniamo tante persone e meccanicamente
siamo portati ad esprimere giudizi sulla base dei loro comportamenti, degli atteggiamenti
e dei sentimenti che esprimono. Alcune conoscenze ci lasciano, ad un primo
impatto, indifferenti. Non abbiamo saputo cogliere l’essenzialità, la peculiarità,
e, in altri termini, la grandezza del nostro interlocutore. Basta, però, un’esperienza,
una condotta, un atteggiamento e si accende una scintilla che ci illumina e ci
fa comprendere l’ingenerosità del nostro giudizio. Una notizia, rilanciata dai
giornali, mi ha fatto riflettere su un episodio che ben si attaglia a questa considerazione.
E’ stato presentato al Bellaria Film Festival il documentario sulla vita di
Gioconda Beatrice Salvatori più nota come Joyce Lussu. Il film dal titolo “La
mia casa e i miei coinquilini costituisce un omaggio che la regista ha voluto
dedicare alla scrittrice, poetessa, traduttrice, partigiana, femminista
antifascista scomparsa a 86 anni nel 1998. Conobbi Joyce in occasione della sua,
credo, prima visita a Berchidda. Antonietta Langiu scrittrice berchiddese aveva
dato alle stampe il libro Sa contra ed aveva pensato di presentarlo in paese. Joyce
Lussu avrebbe dovuto recensirlo all’auditorium comunale. Nessuno meglio di lei
poteva farlo. Joyce aveva già colto la grandiosità del mondo ancora inedito di Antonietta
e aveva avuto un ruolo fondamentale nella pubblicazione nel 1992 dell’opera
prima “Sa contra”. Secondo l’intellettuale di origini inglesi era doveroso riappropriarsi
del significato della propria identità e nello stesso tempo “recuperare i
contatti con le proprie radici e la propria cultura”. Il percorso letterario di Antonietta trovava
in questo assunto la sua migliore esemplificazione. Questa opportunità ci
avrebbe offerto la possibilità di estendere la conoscenza di un destino che è”
universale” in quanto comune a tutti i popoli. Ero stato invitato da Antonietta
a sviluppare un contributo sui contenuti del libro. All’atto delle
presentazioni credetti di avvertire in Joyce una certo distacco nei miei
confronti; notai, nel contempo, una straordinaria amicizia e una particolare confidenza
tra Antonietta e Joyce. Svolsi la mia relazione e altrettanto fece Joyce. Al
termine Antonietta sviluppò i motivi per i quali aveva scritto il libro e
illustrò i motivi che l’avevano spinta a scrivere. Rimasi leggermente deluso
dal taglio della relazione della nostra prestigiosa ospite. Parlò del libro,
invitò i presenti a leggerlo, ma si dilungò soprattutto su tematiche a lei
care: la vita e la morte, la pace e la guerra, le tematiche femministe e l’importanza
delle tradizioni proprie delle diverse culture. Il giorno successivo ebbi modo
di riconsiderare la frettolosità del mio giudizio. Joyce e Antonietta vollero
salutare i ragazzi delle scuole. Dopo la scuola elementare vollero incontrare i
ragazzi della scuola media. Programmammo un incontro con i ragazzi della mia
classe terza. Durante tutta la durata dell’incontro non ricordo che, nonostante
l’età, si sia mai accomodata sulla sedia. Si muoveva tra i banchi sollecitando
domande e offrendo risposte. Parlò di fascismo e di antifascismo, di impegno politico,
di resistenza, di problematiche attuali senza mai stancare i suoi interlocutori.
I ragazzi la osservavano ammaliati, ammirati e sorpresi per la vitalità, per l’’entusiasmo
e per il carisma di una ottantenne energica, vitale, diretta ed entusiasta
della vita. Ricordo che al termine, nel salutarmi mi abbracciò calorosamente. Era
innamorata della gioventù ed aveva apprezzato la vivacità degli interventi dei
giovanissimi. Solo allora capii la grandezza di una personalità che nonostante
la prepotenza della figura di suo marito Emilio Lussu, il mitico cavaliere dei
rossomori, aveva con coraggio, con intelligenza, con passione costruito un
percorso esistenziale altrettanto leggendario e straordinario.
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