lunedì 20 giugno 2016

Berchidda Pompa



Non so per quale imperscrutabile motivo abbiano affibbiato a Berchidda l’epiteto di Pompa. I nostri antenati si sarebbero distinti per vanagloria, boria o esibizionismo. Caratteri che confliggono con la solidarietà, l’altruismo e la carità. Eppure ho conosciuto alcune consuetudini che smentiscono questa diceria. Avrò avuto cinque o sei anni. Rimasi stupito e allo stesso tempo ammaliato da una scena che sembrava tratta da un film western. In prossimità della caserma dei carabinieri vidi convergere cavalli e cavalieri. In breve si radunarono almeno una cinquantina di volontari armati di tutto punto. Era stato trafugato un gregge di pecore. Il proprietario del bestiame aveva allertato le forze dell’ordine ed i vicini di pascolo. La notizia era rimbalzata negli ovili ed, in breve tempo era stata organizzata la caccia ai ladri di bestiame. Gli abigeatari che avevano osato violare il territorio comunale dovevano essere catturati e puniti. La sera potemmo assistere al rientro trionfale dei cow boy che avevano recuperato il gregge. I malviventi erano stati costretti, sotto l’incalzare di volontari che conoscevano perfettamente il territorio, a dileguarsi abbandonando il bottino. Il nostro paese in seguito a questo ed ad altri episodi simili si meritò l’ammirazione dei paesi vicini. Non si era mai registrato tanto unanimismo: la nomea tenne alla larga i ladri per diversi decenni. Gli allevatori potevano far rientro alle proprie abitazioni senza paure di sorta. A questo proposito un amico mi ha raccontato l’episodio relativo ad un sequestro di persona che si era verificato ad Arzachena. I sequestratori avevano programmato di trasferire l’ostaggio attraverso le campagne del nostro territorio comunale. I volontari berchiddesi pattugliarono immediatamente i passaggi obbligati per trasferire l’ostaggio sugli altipiani di Alà, ma furono fatti desistere dai loro propositi dalle ferree disposizioni delle forze dell’ordine. Si voleva evitare un conflitto a fuoco tra malviventi e civili. In questo modo i sequestratori riuscirono a sgusciare tra le maglie dei posti di blocco. La nostra comunità era famosa anche per la solidarietà che riusciva ad esprimere in occasione degli incendi. La campagne, a quei tempi, erano ampiamente presidiate, ma, talvolta, si verificavano focolai dovuti all’autocombustione oppure al dolo. Ai rintocchi cadenzati delle campane e successivamente alle sollecitazioni delle sirene, tutto il paese accorreva per cercare di arginare le conseguenze del disastro ecologico. In questo modo il territorio fu preservato dalla triste piaga delle devastazioni estive. Un’altra tradizione che faceva leva sullo spirito comunitario e sulla solidarietà era quella che, pur non scritta, portava gli allevatori a rifondere il malcapitato dai danni derivati dalla perdita del bestiame. Tradizione, peraltro in voga in buona parte della Sardegna, che è stata riportata anche da Alberto Lamarmora nel suo primo libro del Viaggio in Sardegna. Ciascuno si faceva carico di riconsegnare al malcapitato un capo e in questo modo il gregge o la mandria venivano ricostituite senza dover ripartire da zero. Unione, accordo, sostegno reciproco sono stati i pilastri che hanno determinato la nascita di alcune importanti cooperative. Non trascurerei neppure l’unicità della tradizione ancora in voga del matrimonio che definiamo alla berchiddese e che suscita la sorpresa e l’ammirazione anche negli altri centri dell’isola. Si tratta di organizzare il matrimonio senza diramare alcun invito in paese. Chi ritiene di dover partecipare lo fa e contribuisce in questo modo alle fortune economiche dei novelli sposi. Alcuni matrimoni hanno visto la partecipazione anche di millecinquecento persone. Le offerte costituiscono una sorta di prestito utilissimo nelle fasi iniziali della vita coniugale; nel tempo una parte di quanto ricevuto viene restituito alle altre giovani coppie che si apprestano a loro volta a iniziare la vita in comune. Alcune di queste consuetudini, sotto l’incalzare del cosiddetto progresso, si sono attenuate ed, in qualche modo, appaiono antiquate. Eppure voglio illudermi che permangano e riprendano l’attualità e il vigore di un tempo. Mi piace riassaporare l’orgoglio, per quale accetto di buon grado l’aggettivazione di pomposo, di far parte di una comunità che si è distinta nel tempo per senso civico, altruismo e spessore culturale. 

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