Conoscere la lingua
italiana in tutte le sue sfumature ricomprende pluralità di competenze
(grammaticali, linguistiche, stilistiche) che non di rado impensieriscono anche
gli insegnanti più preparati. Ho maturato questa riflessione, mentre rileggevo
una ricerca svolta da mio figlio durante la classe conclusiva del triennio
della scuola media. Mi ha colpito, in particolare, la frase seguente “Ieri, nonostante
avessi qualche linea di febbre, ho dovuto andare a scuola”. L’insegnante di lettere
non aveva sottolineato l’errore. Perché non aveva rimarcato la scorretta
espressione linguistica? Ho dato uno sguardo alla mia prima grammatica di docente,
risalente al 1971, ed ho estrapolato quanto segue: “I principali verbi servili
(dovere, potere, volere) servono agli altri verbi per completarne il
significato. Gli stessi assumono nei tempi composti lo stesso ausiliare (essere
o avere) richiesto dal verbo che accompagnano. Perciò bisogna dire: “Io sono dovuto andare”, perché si dice
“io sono andato” ed “Io ho dovuto parlare”, perché si dice
“io ho parlato”. Il Manzoni utilizza
le seguenti forme espressive: “Non ha
mai voluto mangiare” e “Non è mai
voluta venire...” La norna è chiara e ad essa si sono adeguati i docenti in
tanti anni di insegnamento. Io per primo. La lingua, però, è uno strumento
espressivo indissolubilmente legato alla storia, all’uomo ed ai percorsi
evolutivi che lo accompagnano. La questione della lingua non ha perduto nel
tempo la sua attualità; essa verte attorno all’identità
dell’italiano, ai caratteri costitutivi della comunicazione, al ruolo di lingua
ufficiale o nazionale, alla lingua insegnata nella scuola, ai rapporti con i
dialetti, con le lingue minoritarie o con le lingue straniere. Sappiamo che
esistono differenze tra scritto e parlato e accettiamo che i livelli elevato,
letterario, burocratico e colto si differenzino dall’uso corrente. La lingua
respira con gli individui, ne accompagna, gioie e dolori, vittorie e sconfitte
ed è sottoposta a continue trasformazioni. Il tempo e l’evoluzione della lingua
dimostrano che quel distratto professore di lingua forse non aveva avuto torto
a non sottolineare come errore la svista del suo alunno. A pagina 67 dell’ultima
pubblicazione di uno straordinario scrittore, recentemente scomparso, ho,
infatti, ritrovato, non senza meraviglia, questo scritto “A metà marzo ho
dovuto andare ad Albenga, per il premio C’era
una svolta”. Ho consultato un’attualissima edizione di una grammatica
italiana che mi ha rassicurato sull’uso corretto della frase. “Sempre più di
frequente si incontrano frasi come “ho
voluto andare”, “ho dovuto
restare” che, a norma di grammatica, dovrebbero essere “son voluto andare”, “son
dovuto restare”. E questo accade quando parlando o scrivendo si sente il
bisogno di sottolineare il concetto di dovere,
di possibilità, di volontà espresso dal servile, più
ancora dell’infinito che segue. Un mutamento epocale? No semplicemente
evolutivo. La bellezza della lingua nelle sue continue trasformazioni,
nell’arricchimento e nella diversificazione dei suoi registri si sostanzia di
sentimenti, di passioni, di espressioni, di immagini, di luci e di colori che
negli anni mutano conservando una loro intrinseca bellezza. La storia
dell’umanità costituita da una sequela di avvenimenti e di parole concluderà il
proprio viaggio quando la lingua avrà esaurito il proprio percorso evolutivo.
P.S. Il distratto insegnante di
lettere è il sottoscritto; quanto allo scrittore recentemente scomparso citato
nell’articolo si tratta di Umberto Eco (5.2.1932- 20.2.2016) autore del libro
Pape Satàn Aleppe pubblicato ad una settimana dalla sua morte.
Molti scrittori si sono interrogati
sull’opportunità di possedere delle norme alle quali ispirarsi. Dante,
Petrarca, Boccaccio, Alberti, Poliziano, Sannazzaro, Bembo, Trissino,
Castiglione, Machiavelli, L’Accademia della Crusca (1582), il Barocco, Marino,
l’Arcadia, l’Illuminismo, Verri, Cesarotti, Parini, i puristi (Cesari, Puoti,
Giordani), gli antipuristi (Monti, Perticari), Alfieri, Romanticismo,
Manzoni, Leopardi, Tommaseo, Tenca, De Sanctis, Verismo, Carducci, Pascoli,
Decadentismo, Gramsci, Le riviste fiorentine, Panzini, Crepuscolarismo,
Futurismo (Buzzi, Marinetti, Palazzeschi), Neosperimentalismo, Neoavanguardia,
Ermetismo, Postermetismo, Pasolini, ed
innumerevoli letterati contemporanei.
Sono certo che l’elenco è incompleto, in
quanto frutto di una memoria sempre più labile.
Nessun commento:
Posta un commento