domenica 10 aprile 2016

Lingua: gioie e dolori



Conoscere la lingua italiana in tutte le sue sfumature ricomprende pluralità di competenze (grammaticali, linguistiche, stilistiche) che non di rado impensieriscono anche gli insegnanti più preparati. Ho maturato questa riflessione, mentre rileggevo una ricerca svolta da mio figlio durante la classe conclusiva del triennio della scuola media. Mi ha colpito, in particolare, la frase seguente “Ieri, nonostante avessi qualche linea di febbre, ho dovuto andare a scuola”. L’insegnante di lettere non aveva sottolineato l’errore. Perché non aveva rimarcato la scorretta espressione linguistica? Ho dato uno sguardo alla mia prima grammatica di docente, risalente al 1971, ed ho estrapolato quanto segue: “I principali verbi servili (dovere, potere, volere) servono agli altri verbi per completarne il significato. Gli stessi assumono nei tempi composti lo stesso ausiliare (essere o avere) richiesto dal verbo che accompagnano. Perciò bisogna dire: “Io sono dovuto andare”, perché si dice “io sono andato” ed “Io ho dovuto parlare”, perché si dice “io ho parlato”. Il Manzoni utilizza le seguenti forme espressive: “Non ha mai voluto mangiare” e “Non è mai voluta venire...” La norna è chiara e ad essa si sono adeguati i docenti in tanti anni di insegnamento. Io per primo. La lingua, però, è uno strumento espressivo indissolubilmente legato alla storia, all’uomo ed ai percorsi evolutivi che lo accompagnano. La questione della lingua non ha perduto nel tempo la sua attualità; essa verte attorno all’identità dell’italiano, ai caratteri costitutivi della comunicazione, al ruolo di lingua ufficiale o nazionale, alla lingua insegnata nella scuola, ai rapporti con i dialetti, con le lingue minoritarie o con le lingue straniere. Sappiamo che esistono differenze tra scritto e parlato e accettiamo che i livelli elevato, letterario, burocratico e colto si differenzino dall’uso corrente. La lingua respira con gli individui, ne accompagna, gioie e dolori, vittorie e sconfitte ed è sottoposta a continue trasformazioni. Il tempo e l’evoluzione della lingua dimostrano che quel distratto professore di lingua forse non aveva avuto torto a non sottolineare come errore la svista del suo alunno. A pagina 67 dell’ultima pubblicazione di uno straordinario scrittore, recentemente scomparso, ho, infatti, ritrovato, non senza meraviglia, questo scritto “A metà marzo ho dovuto andare ad Albenga, per il premio C’era una svolta”. Ho consultato un’attualissima edizione di una grammatica italiana che mi ha rassicurato sull’uso corretto della frase. “Sempre più di frequente si incontrano frasi come “ho voluto andare”, “ho dovuto restare” che, a norma di grammatica, dovrebbero essere “son voluto andare”, “son dovuto restare”. E questo accade quando parlando o scrivendo si sente il bisogno di sottolineare il concetto di dovere, di possibilità, di volontà espresso dal servile, più ancora dell’infinito che segue. Un mutamento epocale? No semplicemente evolutivo. La bellezza della lingua nelle sue continue trasformazioni, nell’arricchimento e nella diversificazione dei suoi registri si sostanzia di sentimenti, di passioni, di espressioni, di immagini, di luci e di colori che negli anni mutano conservando una loro intrinseca bellezza. La storia dell’umanità costituita da una sequela di avvenimenti e di parole concluderà il proprio viaggio quando la lingua avrà esaurito il proprio percorso evolutivo.

P.S. Il distratto insegnante di lettere è il sottoscritto; quanto allo scrittore recentemente scomparso citato nell’articolo si tratta di Umberto Eco (5.2.1932- 20.2.2016) autore del libro Pape Satàn Aleppe pubblicato ad una settimana dalla sua morte.
Molti scrittori si sono interrogati sull’opportunità di possedere delle norme alle quali ispirarsi. Dante, Petrarca, Boccaccio, Alberti, Poliziano, Sannazzaro, Bembo, Trissino, Castiglione, Machiavelli, L’Accademia della Crusca (1582), il Barocco, Marino, l’Arcadia, l’Illuminismo, Verri, Cesarotti, Parini, i puristi (Cesari, Puoti, Giordani), gli antipuristi (Monti, Perticari), Alfieri, Romanticismo, Manzoni, Leopardi, Tommaseo, Tenca, De Sanctis, Verismo, Carducci, Pascoli, Decadentismo, Gramsci, Le riviste fiorentine, Panzini, Crepuscolarismo, Futurismo (Buzzi, Marinetti, Palazzeschi), Neosperimentalismo, Neoavanguardia, Ermetismo, Postermetismo, Pasolini,  ed innumerevoli letterati contemporanei. 
Sono certo che l’elenco è incompleto, in quanto frutto di una memoria sempre più labile.

Nessun commento:

Posta un commento