giovedì 21 aprile 2016

Twittare o cinguettare questo è il problema



Grazioso, piacevole, gentile, cortese, emozionante, delizioso, amabile, adorabile, garbato e potremmo continuare all’infinito. Sono alcuni dei sinonimi che potrebbero sostituire l’aggettivo carino pronunciato dall’attrice Angela Curri per indicare, in rapida successione, un bel giovane, un gesto di cortesia, un panorama mozzafiato. La fondazione Treccani promuove in questi giorni, attraverso questo nuovo filmato pubblicitario, un’intelligente campagna “Le parole valgono” con la quale esorta gli italiani ad utilizzare i termini più appropriati in base al contesto e al tono con i quali vengono pronunciati. L’Enciclopedia nel sottolineare che la nostra lingua annovera più di 250.000 vocaboli, invita mezzi di comunicazione, istituzioni, uomini di cultura e privati cittadini a sforzarsi per attingere ad un patrimonio smisurato di accezioni terminologiche. L’occasione non poteva essere più propizia. Si assiste da diversi anni a questa parte ad una omologazione terminologica che fa rabbrividire. Il momento è definito storico, storica è qualsiasi proposta di riforma varata dai governi, storico è l’ultimo successo sportivo conseguito da compagini o atleti nelle svariate discipline sportive: basterebbe un piccolo sforzo dialettico per esplicitare con proprietà maggiore la nostra opinione. Ci ritroviamo, invece, a utilizzare formulette ripetitive che appiattiscono l’espressività e l’incisività delle nostre locuzioni. L’attenzione, la riflessione, la cura e lo studio che dovrebbero precedere ogni forma di espressione per riuscire a percepire aspetti che nessuno aveva colto, non vanno più di moda. A questo proposito Guy de Maupassant raccomandava “Per descrivere un fuoco che fiammeggia o un albero nella pianura restiamocene là, di fronte, a guardare, finché quest’albero e questo fuoco non rassomigliano più, per noi, a nessun altro albero, a nessun altro fuoco”. La nostra espressività tende sempre più a uniformarsi alla concisione e alla sintesi e alla velocità dei messaggini; questo comporta una proliferazione di abbreviazioni che spesso producono effetti nefasti: Nino Bixio è scritto da una moltitudine di internauti Nino Biperio (vedi bustina di Umberto Eco); sempre più frequentemente, ci imbattiamo nei forum della rete in xo, senza accento tra l’altro, per però. Non parliamo poi degli anglismi che ci costringono a consultare il dizionario d’inglese più di quanto non facciamo con i più familiari Zingarelli o Devoto-Oli. A proposito dei sempre più diffusi e frequentati forum, l’ultimo neologismo coniato fa davvero rabbrividire: segnalo il recente messaggio ricevuto da SKY ennesimo termine inglese entrato a far parte della nostra quotidianità : ”Ciao Giuseppe Sini, siamo lieti di vederti per la prima volta sul forum di SKY… Speriamo di averti tra i nostri forumisti anche in futuro”. Ora passi per il recentissimo step che potrebbe benissimo essere sostituito in Italia da passo o da gradino, passi per twitt che possiamo rendere benissimo con cinguettio (guai a diffondere, come purtroppo si sta facendo, twittare o addirittura retwittare), ma forumista mi sa tanto di offesa al buon senso espressivo. Meditate, giovani, meditate…

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