Gli psicologi sostengono che l’arrivo
del bel tempo svolge funzioni terapeutiche. Personalmente concordo con questa
teoria. Il dilatarsi delle ore di luce comporta l’avvio di una serie di
attività che le buie e tristi giornate invernali necessariamente condizionano.
Passeggiate, corsettine, piccoli lavori all’aria aperta a contatto con la
natura ti fanno riscoprire energie assopite e ti sembra di avvertire che il
sangue riprende a scorrere con rinnovata vitalità. Esamini il processo di crescita dei boccioli
delle rose, gli sfavillanti colori dei fiori del pesco e le radiose sfumature dei ciliegi, le eteree fioriture dei susini e dei cotogni. Procedi con la potatura
del seccume e allevi i rami che ti sembrano più rigogliosi cercando di favorire
il naturale processo di crescita dei virgulti. Ci sono, poi, delle incombenze che
di anno in anno si eseguono con monotona ripetitività. Tra queste annovero l’utilizzo
del decespugliatore moderna versione della falce a mano che utilizzavano i
nostri genitori. Il decespugliatore, con il suo filo plasticato, costituisce
quasi un bisturi che le accorte mani del chirurgo rurale utilizzano per eliminare
le alterazioni patologiche che allignano nei campi. Proprio le mani devono possedere
una particolare sensibilità per evitare brusche accelerazioni alla testina
rotante con ovvi pregiudizi per la perfetta eradicazione di piante ed
infestanti. Anche gli occhi devono mantenere alta la soglia di attenzione per
evitare di danneggiare rami e tronchi di piante e di alberelli allevati negli
anni con cura maniacale. La settimana scorsa, mentre procedevo al taglio delle
erbacce, ho bloccato istintivamente lo starter del mio compagno di fatiche per
evitare di assestare un colpo mortale ad un prodigio della natura: una stupenda
silene alba cresciuta spontaneamente tra una miriade di erbacce. Delicatissima,
quasi sospesa tra cielo e terra, emanava una sua grandiosità per essersi emancipata
tra erbacce di ogni tipo senza aver ricevuto alcun tipo di cura dall’esterno.
Il fascino che emanava mi ha ammaliato. L’armonia dei bianchi petali costituiva
una simbiosi stupenda con la natura circostante. Inavvertitamente ho rievocato
un aforisma di Fabrice Hadjadj, filosofo e scrittore francese, che ho parafrasato:
“La bellezza nella sua interezza, come ogni armonia dell'universo, non si manifesta né in penombra, né nelle
tenebre, ma si sublima in piena luce”. Il fiorellino, fiducioso nella propria bellezza e sicuro
della propria armonia aveva voluto lanciarmi il guanto della sfida con queste
parole: “Guai a te che osi attentare alla mia vita”. Ed aveva vinto. Con quale
coraggio potevo recidere quel miracolo spontaneo del creato? I petali bianchi
quasi vellutati sfidavano l’arsura del sole senza declinare; con il trascorrere
del tempo apparivano quasi rinvigoriti dalla sfida vinta. Quanti prodigi
naturali distruggiamo con i nostri approssimativi disegni di padroni del mondo?
Ogni giorno ritorno in campagna per osservare il percorso della sua gracile
esistenza. Un cerchio di erbacce contrassegna la presenza di una gemma della
natura.
Nessun commento:
Posta un commento