Non sono un cacciatore,
nonostante viva in un paese popolato di doppiette. Ho sparato durante il corso
di sottufficiale con il fucile Garand ed ho lanciato a distanza di sicurezza la
classica bomba SRCM in occasione della consueta ed obbligatoria esercitazione
sotto le armi. A quindici anni mio padre, peraltro molto cauto nell’uso del
fucile, mi sottopose al battesimo del fuoco. Esperienza traumatizzante che a
distanza di tempo ricordo con fastidio misto al sorriso: premetti il grilletto
della sua doppietta tappandomi con l’altra mano l’orecchio sinistro. Eppure mi
è capitato di catturare una volpe. La principessa delle astuzie e dei raggiri
intrappolata da uno sprovveduto mezzemaniche. Chi l’avrebbe mai detto! Uno
splendido esemplare di volpe che scorrazzava sovrano nei campi prima che
incrociasse il paraurti della mia autovettura. Circa venti anni fa, rientravo
da Sassari nella tarda serata di un ottobre nuvoloso e cupo. All’improvviso,
all’altezza del bivio di Tula, un’ombra si materializza nella carreggiata.
Aziono i freni d’istinto. Le ruote strisciano sinistramente sull’asfalto attenuando
l’impatto con l’improvvido passante. Mi fermo sbigottito qualche decina di
metri più avanti. Non mi capacito come sia avvenuto l’impatto, anche se capisco
di aver urtato qualche ostacolo. Parcheggio l’auto nella piazzola a destra e mi
avvicino allo sfortunato batuffolo di pelliccia. Sgomento mi accorgo di aver
investito una volpe. Indeciso, muovo la coda con il piede e mi accorgo di
trovarmi al cospetto di un essere privo di vita. Mentre mi accingo a riprendere
il viaggio di ritorno, penso che sarebbe bello mostrare l’esemplare ai miei
figli. Afferro incautamente l’animale per la coda e mi rendo istintivamente
conto della sua pesantezza. La coda è molto lunga ed il pelo è
straordinariamente fulvo sintomo di benessere fisico. La ripongo nel bagagliaio
e riprendo il viaggio. I miei figli si trovano a casa dei miei genitori per
salutare l’arrivo del loro cugino in paese. Penso possa essere istruttivo delineare
le caratteristiche di un animale selvatico dal vivo. Entro in casa e con fare
trionfante annuncio di avere una volpe nel cofano. Incredulità e meraviglia
negli occhi dei miei interlocutori. “Venite a vedere” soggiungo. Ci portiamo
davanti al cofano che sollevo con orgogliosa soddisfazione: “Ma è viva
soggiunge mio padre” che si è avvicinato nel frattempo. Faccio in tempo a
rilevare un’occhiata che non promette niente di buono ed ad avvertire una
sinistra minaccia: il muso torvo e i denti digrignati che emettono una specie
di guaito intimidatorio. Rilascio meccanicamente il cofano che si richiude
prima che il carnivoro riesca a saltare fuori dalla prigione. Che fare? Le
previsioni più catastrofiche comprendono la possibilità che il canide possa
devastare l’abitacolo. Occorre fare qualcosa e subito. Il problema presenta due
soluzioni quella paterna e quella filiale. La prima presuppone la soppressione del furbo
predatore. Mio padre non si era intenerito nella sua infanzia con le letture delle
favole sulle volpi di Esopo o quelle dei fratelli Grimm; pertanto non tollerava
che uno spauracchio delle sue greggi fosse rimesso in libertà nel territorio
berchiddese. I miei figli, mio nipote e mio cognato, che avevano ammirato la
fierezza e la forza delle stupendo esemplare, non accettavano l’idea che fosse
soppresso; non approvavano l’eliminazione di un innocente e superbo
rappresentante della razza della quale avevano letto ed apprezzato tante
intelligenti prodezze. Con mio padre ci dirigemmo alla periferia del centro
abitato. Gentili lettori cosa avreste fatto? Ciascuno aggiunga il proprio
finale a questo racconto. I films a lieto fine sono quelli più apprezzati dal
pubblico.
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