venerdì 10 febbraio 2017

Strumento di comunicazione e di accesso ai saperi



Oltre seicento docenti universitari, hanno lanciato un accorato allarme a governo, parlamento e pubblica opinione “Molti studenti – denunciano in un documento - scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente”. Promotore dell’appello il Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità. Secondo i docenti universitari, il sistema scolastico non reagisce in modo appropriato, "anche perché il tema della correttezza ortografica e grammaticale è stato a lungo svalutato sul piano didattico". Occorre, pertanto, farsi carico del progressivo consolidamento delle competenze linguistiche degli allievi mettendo al centro dell’attenzione le abilità linguistico-comunicative (ascoltare, parlare, leggere, scrivere). In questo modo i professori universitari sono rimasti fedeli alla filosofia che da sempre contraddistingue i vari ordini scolastici: rimpallare la responsabilità delle principali carenze dei propri alunni sul segmento scolastico precedente. L’università rimprovera la scuola secondaria che a sua volta ammonisce la scuola media la quale richiama le responsabilità didattiche della scuola elementare. Quest’ultima, per chiudere il cerchio, ricorda che le cause dei tracolli linguistici si annidano nella formazione universitaria dei docenti ed in questo modo si ritorna al punto di partenza. Emerge dalla lettera-appello un discredito nei confronti dei docenti della scuola primaria che si evidenzia attraverso una verifica delle competenze degli alunni in uscita da questo segmento scolastico. I motivi delle disfunzioni della scuola nel nostro paese, in realtà, sono molteplici. Tagli progressivi e costanti che hanno interessato di volta in volta organici, trasferimenti di risorse, limitazione libertà di insegnamento, diminuzione del tempo scuola, precariato strutturale del personale, edilizia scolastica fatiscente, classi numerose. La famigerata riforma Gelmini del 2008 promosse in un triennio tagli di personale pari a 87.400 docenti e 44.500 Ata, con una riduzione complessiva di risorse per la scuola di quasi 8 miliardi di euro. Ricordo bene quel delicato passaggio politico e rammento soprattutto la leggerezza di forze politiche e sociali che minimizzarono quei provvedimenti punitivi. Si arrivò ad auspicare la promozione ed il rafforzamento della conoscenza delle tre i (Inglese, Internet ed Impresa) a spese dell’insegnamento della quarta i (Italiano). Nessuna voce si è levata negli anni per protestare contro l’abbandono e la dispersione scolastica crescenti nelle aree più povere del paese o contro lo scadimento qualitativo e quantitativo del servizio pubblico. Questi sono i problemi che dovrebbero essere affrontati e risolti. Quanto ai lamenti proveniente dalle aule universitarie, occorre ricordare che nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione (settembre 2012) si auspica l’acquisizione degli strumenti necessari ad una "alfabetizzazione funzionale": gli allievi- recita il documento- devono ampliare il patrimonio orale e devono imparare a leggere e a scrivere correttamente e con crescente arricchimento di lessico. Questo significa, da una parte, padroneggiare le tecniche di lettura e scrittura, dall’altra imparare a comprendere e a produrre significati attraverso la lingua scritta. Lo sviluppo della strumentazione per la lettura e la scrittura e degli aspetti legati al significato procede in parallelo e deve continuare per tutto il primo ciclo di istruzione, ovviamente non esaurendosi in questo. I traguardi da raggiungere in terza ed in quinta elementare devono essere conseguiti attraverso l’azione concertata dei docenti delle diverse discipline. Le Indicazioni esplicitano i livelli di competenza da raggiungere alla fine della terza media, che costituiscono dei traguardi obbligatori per tutti i ragazzi italiani. Elencano, inoltre, gli obiettivi di apprendimento necessari per l’impostazione di un curricolo verticale di italiano e offrono esempi di metodi, strategie, tecniche e attività da svolgere. La scuola fa quello che può, ma non si può dimenticare che il nostro paese è in linea con l’Unione Europea per le risorse destinate alla difesa, alla sanità ed alla protezione sociale. Siamo, invece, fanalino di coda in Europa per quanto concerne gli investimenti destinati alla cultura (1,1% a fronte della media del 2,2% ) e al penultimo posto, per percentuale di spesa destinata all’istruzione (l'8,5% a fronte del 10,9% ). Il prof. Tullio De Mauro, recentemente scomparso, sosteneva che è quasi impossibile insegnare in un paese con il 70% e passa di analfabeti funzionali, che non sa che farsene di gente che sa leggere e scrivere correttamente. Rischiamo di perdere progressivamente ciò che abbiamo appreso se non attuiamo dei correttivi alla nostra azione didattica educativa. Questi contemplano un’azione congiunta di formazione di adulti e docenti: solo un’adeguata rivalutazione della mentalità delle famiglie sul ruolo fondante di istruzione e cultura può invertire questo processo; nella nostra società, infatti, aumenta in maniera esponenziale la disistima per la cultura e per l’istruzione. Abbiamo dimenticato che la lingua costituisce il primo strumento di comunicazione e di accesso ai saperi. Il disimpegno nello studio cresce attraverso la convinzione che la cultura serve a poco. Anche i docenti devono impegnarsi per contrastare queste deprecabili convinzioni. Sorprendentemente l’appello ha avuto una straordinaria eco nei mezzi di comunicazione ed ha innestato un costruttivo dibattito tra addetti ai lavori e opinione pubblica; partiamo da questo ampio scambio di vedute per realizzare una maggiore e più stretta collaborazione tra insegnanti dei diversi ordini di scuola. Ancora una volta spetta alla professionalità posseduta dai docenti perseguire e costruire un percorso linguistico unitario e coerente con gli indirizzi dei segmenti scolastici precedenti; solo in questo modo potranno essere ampliate e valorizzate le competenze linguistiche necessarie e indispensabili ad una partecipazione matura e consapevole dei cittadini alla vita sociale.



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